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Cattiva educazione informatica


Photo by Magda Ehlers on Pexels.com

“Ragazzi, oggi mi dovete creare un tema usando un editor di testo”. “Profe, cos’è l’editor di testo?” “Il programma con cui si scrivono documenti di testo: Word, Write, Google Documento” “Ah, non poteva dire Word”.

Una scena che si ripete con costante e disarmante frequenza nelle aule scolastiche (ma anche nelle aziende e nelle case) e si presenta anche se all’editor di testo sostituiamo il foglio elettronico o il database e tutte le altre tipologie di programmi, si salva, forse, solo la presentazione con diapositive (o slide). Allo stesso modo molti non capiscono cosa sia un sistema operativo o non sanno definire il browser, l’antimalware, eccetera. Eppure li usano tutti i giorni!

Questa è cattiva, anzi, cattivissima educazione informatica, in parte forse creata e/o incentivata dalle grandi software house, ma solo in parte: sono molti degli stessi docenti (e adulti) a uniformarsi all’utilizzo del nome di uno specifico prodotto, più spesso di casa Microsoft, per indicare la tipologia di prodotto.

Sarebbe ora di cambiare le cose, di riprendere a imparare e insegnare la differenza tra tipologia di prodotto e specifico prodotto, ma anche di tutte quelle altre distinzioni che da qualche decennio sono diventate sempre meno presenti e note: marchio, prodotto, modello, versione, eccetera.

Manuali… inutili (o quasi)


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In questi giorni sono stato impegnato nell’istallazione di una serie di programmi relativi a servizi istituzionali: è stata un impresa degna delle fatiche di Ercole!

Già con Windows si incontrano problemi, con Linux, anzi, per la precisione, Mint, è un calvario, certo ho così imparato molte cose, ho avuto modo di scoprire aspetti di questo sistema operativo, di imparare comandi da terminale, però questo non giustifica l’indecente supporto manualistico messo a disposizione dalle istituzioni e da chi per conto loro ha sviluppato i programmi.

In alcuni casi sono estremamente sbrigativi facendo credere a una facilissima procedura, poi invece non funziona un bel niente e scopri che ci sono tutta una serie di operazioni da fare in via preventiva, operazioni che da nessuna parte trovi indicate, le devi scoprire in autonomia, cosa tutt’altro che facile per chi nell’informatica ci naviga bene, figuriamoci per chi, lecitamente (esattamente come pochi sano mettere le mani nel motore dell’auto, per fare un esempio), si limita a usarla.

In altri casi sono più dettagliati ma suddivisi in vari documenti, e magari anche su siti diversi, ognuno dei quali riporta procedure differenti e fa riferimento a versioni differenti, magari piuttosto obsolete.

La situazione mostra, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanta poca attenzione si dia all’utente, quanto poco ci si preoccupi di dare informazioni aggiornate e affidabili, di come sia poco lungimirante la visione sulla documentazione tecnica la cui scrittura viene quasi sempre erroneamente assegnata a chi le cose le conosce bene e ne da tante, troppe, per scontate. Scrivere un manuale è molto più di un lavoro, è un’arte sopraffina, un arte che prevede varie abilità, tra le quali assai importante quella dell’empatia verso chi quei manuali dovrà utilizzare.

Scrivere un manuale è un incarico che non può essere assegnato al primo che capita sotto mano. Altrimenti…

Altrimenti vengono spesi soldi per produrre manuali assolutamente inutili!

P.S.
Da questa esperienza ne nasceranno a breve alcuni articoli didattici che penso potranno tornare molto utili a molte persone e molte aziende. Continua a seguirmi.

Generazione 2.0


IMG_1400Si fa un gran parlare del web 2.0, tutti si vantano di averlo implementato, chi ancora non l’ha fatto esprime l’intenzione di farlo al più presto. Quanti però sanno cosa è il web 2.0? Quanti, soprattutto, sanno che è già obsoleto? Quanti sanno che invero da più di dieci anni è stato formulato il progetto web 3.0?

Sono stato a un incontro che doveva presentare e organizzare un corso formativo sulle nuove forme di fare insegnamento attraverso le nuove tecnologie: cellulari, informatica e multimedia. Ci si accomoda nel laboratorio informatico, siamo tutti presenti ma … Il materiale necessario alla presentazione non è caricato correttamente sul computer e ci vuole mezz’ora abbondante prima che si possa cominciare. Ecco siamo pronti! Ehm no, non ancora: ognuno deve collegarsi al cloud, servono gli indirizzi e-mail dei presenti per consentire l’accesso visto che nessuno ha pensato di farlo in via preliminare. Raccolta degli indirizzi e… cavolo se non è un indirizzo di uno specifico fornitore non sanno come gestirlo. Alla fine finalmente si riesce a partire. A questo punto osservando gli altri presenti mi accorgo che, nonostante debbano inserire i parametri di accesso alla propria casella e-mail su di un computer pubblico, molti non tolgono la spunta alla check box che abilita il sistema a mantenere memorizzati i parametri di accesso per una successiva riconnessione veloce.

Potrei continuare con altre decine di esempi, sarei comunque ripetitivo e prolisso pertanto passo subito alla morale di fondo.

Nel mondo delle generazioni digitali, invero la vera conoscenza informatica avanza ad una velocità di poco superiore allo zero e proprio coloro che si propongono come formatori dei sistemi tecnologici moderni, non solo non li sanno utilizzare al meglio ma addirittura non badano agli importantissimi aspetti della sicurezza informatica.

Altro che web 3.0 o anche solo 2.0, qui sarà meglio parlare di preistoria dell’informatica!!!

L'origine della terra - china

 

User Friendly


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C’è un termine cha da anni circola negli ambienti informatici e che parla di un qualcosa che sia molto comodo e facile da usare, che renda la vita dell’uomo più semplice e rilassata, che non richieda ore e ore di studio per arrivare ad essere usato: user friendly, amico dell’utente. Anni che viene usato, eppure…

Un tempo bastavano una matita con gommino incorporato e un piccolo quaderno per fare di tutto: ci potevi scrivere delle note, prendere appunti, fare dei conti, tracciare un disegno, segnare appuntamenti e tante altre cose.

Poi arrivò la tecnologia e… per le note e gli appunti il registratore vocale, per gli appuntamenti l’organizer, per i calcoli la calcolatrice, per disegnare il quaderno e la matita. Insomma con l’avvento della tecnologia si è passati da due solo oggetti da portarsi in tasca ad almeno cinque. Bel guadagno! Ma la cosa, purtroppo, non finisce qui.

La tecnologia evolve e nascono i personal computer, poi i portatili, i palmari, ora siamo ai tablet e agli smart phone, una cosa accomuna tutti questi strumenti, l’uso del software, ma non un solo software capace di fare tutto, no, troppo comodo: un programma per prendere appunti, un altro per scrivere note veloci, un altro ancora per disegnare, poi quello per fare i conti, quello per registrare note audio, quello per scaricare la posta elettronica, quello per navigare in Internet e così via. Non parliamo delle recenti app che, essendo ancor più specifiche del software di prima generazione, incrementano a dismisura il numero dei programmi disponibili e da dover cercare, avviare, usare per fare le cose del quotidiano: se voglio, ad esempio acquistare dei mobili, quindi consultare il catalogo di un produttore di mobili non mi basta più andare sul suo sito, no, devo usare la sua specifica app; se voglio confrontare quanto trovato con la produzione di altro mobiliere ecco una seconda specifica app da scaricare e aprire in parallelo alla prima; il tutto magari su di un micro schermo come quello di uno smart phone; figurati se ti ci riesce di confrontare tra loro quattro o cinque produttori, come è logico e comune fare apprestandosi a un qualsiasi acquisto di un certo rilievo.

A quanto pare l’intento di chi produce hardware e software non è quello tanto sbandierato di semplificarci la vita, ma piuttosto quello di complicarcela, di renderla sempre più frenetica e disordinata, di impedirci il confronto tra le cose e rendere più facile al venditore l’antico ruolo di imbonitore delle masse.

Un tempo bastavano pochi secondi per essere pronti a fare una qualsiasi azione, oggi non solo servono a volte anche dei minuti (i computer sono velocissimi ad accendersi appena acquistati, ma nel giro di un paio di mesi tendono a diventare di una lentezza insopportabile visto che, altra cattiva abitudine dei produttori di software, per ogni cosa che installi c’è almeno un modulo residente che deve avviarsi con il computer stesso), ma devi anche sapere che programma o app usare, sapere dove trovarla, scorrere attraverso centinaia di icone, cliccare o toccare sopra quella opportuna, attenerne il caricamento, sapere come usarla e, dulcis in fondo, sperare che la connessione ad Internet non venga a mancare, già, perché il 90% delle app oramai funziona attraverso Internet: se la connessione manca… ciccia, la buona vecchia abitudine delle applicazioni off-line che si sincronizzano in automatico al ripristino della connessione è ormai scomparsa! Ovviamente il tutto venduto come fatto per il benessere dell’utilizzatore, ma vai, quale benessere dell’utilizzatore, qua dietro c’è solo il vantaggio del produttore: risparmio sul tempo di progettazione e produzione del software, possibilità di far pagare ogni singolo servizio, visualizzando quindi cifre basse che catturano l’attenzione e ingannano l’utente, indotto dalle cifre basse a non fare la somma del tutto e rendersi conto che alla fine paga di più, molto di più di quello che, per le stesse identiche cose, pagava in passato.

Altro che user friendly, qui si marcia verso l’user stressly!

P.S.

A quando un sistema in cui tu hai un solo programma e dentro a quello ci fai di tutto? Un sistema in cui se inizi a disegnare lui automaticamente di mette a disposizione gli strumenti per disegnare; se inizi a scrivere ecco che ti trovi gli strumenti di scrittura; se inizi a parlare ti apre quanto serve per registrare quello che dici; se scrivi un numero ti chiede se vuoi solo scrivere o fare dei calcoli. Non è poi così impossibile avere questo, ormai le utility di interpretazione della scrittura esistono e sono usatissime, ad esempio sulle LIM (lavagne interattive multimediali) presenti oggi in quasi tutte le scuole, basta interfacciarle con un sistema di definizione del software adatto a quello che si sta facendo.