Archivio dell'autore: Emanuele Cinelli

Linkedin, com’era, com’è


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Un tempo Linkedin era una rete sociale atipica, dedicata esclusivamente al lavoro, e, per questo, molto interessante e utile: tutti avevano la foto in avatar, potevi rendere visibili i contatti senza paura d’essere sommerso di robaccia inutile, ci leggevi post umanamente spontanei, la pubblicità era tanto poca da risultare invisibile, nessuno criticava i post degli altri, chi ti scriveva lo faceva per proporti un lavoro e tante altre cose buone e belle.

Poi le cose sono cambiate, prima lentamente, poi più rapidamente, infine un cambiamento massiccio improvviso.

Cosa è successo?

Poche cose, ma allo stesso tempo tante!

Anche se meno invadente che altrove è arrivata la pubblicità, spesso mascherata da altro, con tutto quello che ne concerne.

È arrivato lo spam ancora più fastidioso di quello con cui già combattevi e combatti quotidianamente in e-mail.

È arrivato il marketing e i post sono diventati discorsi sincopati che a leggerli ti manca il fiato.

Sono arrivati i discorsi in apparenza utilissimi, ma sotto sotto tutti uguali.

Sono arrivati i venditori che ti invitano a entrare nella loro rete e poi ti sommergono di offerte per servizi più o meno utili ma non richiesti, di “call” (ma che cavolo, siamo in Italia e siamo italiani perché non chiamarle chiamate?) inutili (le cose puoi benissimo spiegarmele per iscritto, anzi le comprendo anche meglio) o immotivate (non ne viene specificato il contesto).

È stato manipolato lo spazio invadendolo con teorie di buona scrittura invero cattiva in quanto poco spontanea, intrisa di regole che nulla hanno a che fare con la sintassi del buon scrittore. Teorie che servono solo ad accontentare e fomentare la poca voglia di leggere, a giustificare la frenesia, a rendere il lettore sempre più incapace di leggere e comprendere.

È arrivato il Youteberistico “non fare così, fai cosà” che mette solo confusione visto che ognuno indica sbagliato quello che altri indicano giusto e viceversa.

È arrivato il “tutto sbagliato” a cui segue una sbrodolata di frasi il cui significato è comprensibile solo a chi le ha scritte e forse nemmeno a lui.

Sono arrivati coloro che se scrivono un post (o un commento) lo fanno solo per imporre una loro visione, coloro che si arrogano il diritto di essere gli unici a poter scrivere.

Ecco, oggi anche Linkedin è diventato un brutto posto, una rete sociale invasa dai guru, dagli slogan assolutistici, dal tutto e il contrario di tutto, dai contrasti politici, dai commenti di parte, dagli spammatori e dagli odiatori seriali. Però….

Però tutto questo non lo rende inutile, solo più complicato da usare per chi vuole restare sè stesso, per chi non vuole uniformarsi all’abbruttimento comportamentale, per chi rifiuta condizionamenti e rigetta omologazioni appiattenti.

Il male non è mai nella tecnologia, è nell'uso che ne fanno nelle persone, in sintesi è nelle persone, certe persone, impariamo a difenderci isolandole invece di osannarle e seguirle.

Difficoltà a memorizzare? Ecco come la risolvo


Francesca è una ragazza di 16 anni che da tre mesi non riesce a superare un’interrogazione a scuola. Ci ha studiato molto, ci ha provato tre volte eppure non ci riesce. Si avvicina la fine dell’anno scolastico e rischia di vedersi attribuire dei debiti. Sua madre, preoccupata, si mette alla ricerca di qualcuno che la possa aiutare.

Mi arriva una telefonata, rispondo e… “salve, mia figlia ha bisogno di aiuto per superare un’interrogazione”. La signora mi spiega per bene la situazione, le confermo la mia disponibilità e concordiamo la data del primo incontro.

Il giorno convenuto arrivo a casa della ragazza. La vedo piuttosto tesa: l’aiuto che sta ricevendo gli è stato un poco imposto dalla madre e si aspetta delle noiose ore di clonazione dell’aula.

Dopo i saluti di pragmatica ci accomodiamo nella sua stanza e… sorpresa, le dico di nascondere il libro della materia a lei tanto ostica, “per oggi non ci serve”. Lei inizia a perdere un poco di tensione.

Bene, ma non basta. Le illustro velocemente la strada che percorreremo e l’effetto delle mie parole è immediato: ha capito che, contrariamente a quanto si aspettava, saranno quattro ore piacevoli e si rilassa completamente.

Creato l’ambiente emotivo migliore, le faccio preparare anche quello ambientale: nascondere tutto quanto possa ricordare la scuola, isolare ogni fonte di rumore, ottimizzare l’illuminazione sul piano di lavoro e predisporre il poco materiale necessario, una decina di fogli bianchi e una matita morbida.

Ora possiamo iniziare a produrre sostanza.

La guido passo passo all’apprendimento del metodo di lavoro da usare per preparasi all’interrogazione in modo veloce ed efficiente. Lei si diverte (p.s. anch’io) e il pomeriggio passa rapidamente.

Al termine, con sua meraviglia e soddisfazione, le faccio notare i tantissimi contenuti prodotti. Esaminiamo quelli relativi alla materia dell’interrogazione e… “ma sono più di quelli che ho generato nei tre mesi precedenti, come può essere?” mi chiede. “Lavoraci sopra usando il metodo che ti ho insegnato e al prossimo incontro ne riparliamo.”

Secondo incontro, altre quattro ore di lavoro, stavolta ci concentriamo sulla lettura, le spiego un sistema per ottimizzarla, lo sperimenta e alla fine, con il metodo usato nel precedente incontro, andiamo a prendere dalla memoria quanto riesce a produrre. Ancora resta meravigliata del risultato: con pochissima fatica ha memorizzato e poi recuperato una notevole quantità di utili contenuti.

Terzo incontro, oggi finalizziamo l’apprendimento del metodo di studio. Poi le spiego cosa fare nei dieci giorni che mancano all’interrogazione.

Dopo dieci giorni mi arriva la telefonata che attendevo: “Salve profe, sono Francesca, interrogazione brillantemente superata, grazie”. In sottofondo arrivano anche i calorosi ringraziamenti della madre “Voglio imparare anch’io a creare e usare le mappe mentali, ho visto quanto fatto da mia figlia e sono rimasta impressionata”.

Che bella soddisfazione, per loro, ma anche per me. Questo è uno degli aspetti più gratificanti del mio lavoro: sentire la felicità delle persone quando riescono a risolvere il loro problema.

Auguri Pasqua 2024


Uovo creato da me con AutoCAD, compresa scritta incisa.

TappaUnica3V, pubblicato il libro


Dopo un lungo e duro lavoro di revisione degli articoli scritti nei 6 anni di allenamenti e tentativi, di loro trasformazione in testo adatto a una presentazione in unico corpo, di riduzione delle pagine per restare in una quantità proponibile, di selezione delle foto più adatte, di composizione sequenziale, ecco, dopo due anni di lavoro finalmente il libro è pubblicato ed è disponibile in ben tre versioni: con copertina flessibile, con copertina rigida e come e-book. Le due versioni cartacee vengono stampate su carta bianca di buona grammatura e con l’utilizzo di inchiostro a colori in alta definizione, alla fine un un risultato elegante, professionale e durevole. Il prezzo è determinato dal minimo imposto da Amazon, la piattaforma su cui li ho pubblicati, al quale ho aggiunto solo un piccolissimo ricarico come contributo al mio lavoro di descrizione del sentiero 3V sul blog dedicato a questo percorso sul crinale spartiacque della Val Trompia.

TappaUnica3V è stato un mio viaggio sui 130km e 9000 metri del Sentiero 3V “Silvano Cinelli” nella sua versione più impegnativa. quella alta che prevede anche tratti di arrampicata. La modalità del viaggio è stata quella di percorre l’intero percorso in una sola tappa, invece delle solite sette.

Ma basta parole, vi lascio al libro, clicca sull’immagine per accedere alla pagina Amazon di vendita.

Non vogliamo semplici formatori


Trent’anni fa, quando iniziai la mia attività di formatore aziendale, incontrai opposizione da parte di titolari d’azienda che ritenevano inutile perdere tempo e soldi nella formazione del personale, persino dei nuovi assunti: “chiedono ai colleghi”. I colleghi, ovviamente, o perdevano tempo o non avevano mai tempo, così i nuovi assunti diventavano operativi solo con un enorme spreco di risorse in persone, tempo e denaro.

Nei successivi trent’anni ne ho viste tante, ma, in linea di massima, niente di più sconsiderato. Ora, però, assurdamentef ho trovato di peggio: recentememte sono incappato in un’azienda che si occupa di fornazione ma… “noi non usiamo semplici formatori, vogliamo professionisti che utilizzino quotidianamente gli strumenti che vogliono insegnare”.

Aargh! Semplici formatori?!? Ma ci rendiamo conto di cosa voglia dire formare ed essere formatori? Di quante ore uno debba dedicare allo studio per diventare formatore? Di quante cose uno debba studiare per definirsi formatore? Hai voglia di usare gli strumenti nella quotidiana operatività professionale.

Un professionista non formatore potrà magari, perché non è detto, tenere degli ottimi workshop, ma per insegnare ci vuole altro, per insegnare bisogna saper insegnare e per farlo la propria quotidiana operatività dev’essere l’ insegnamento. Proprio vero: non c’è mai fine al peggio.

Si dice che toccato il fondo si può solo ricrescere, il problema è che non è possibile sapere dove sia questo fondo, quanto sia fondo, quando lo si è raggiunto.

CAD Design: filosofie di lavoro


In tanti anni di lavoro a contatto con produttori, rivenditori e utilizzatori dei programmi di CAD ho potuto identificare tre categorie di utilizzo e tre tipologie di software: il disegno assistito, la progettazione assistita e il processo assistito.

Disegno assistito

Parlare di disegno assistito vuol dire fare riferimento a programmi CAD o a un loro utilizzo che ricalcano quello che era il tecnigrafo elettronico. In pratica sono o vengono utilizzati come semplici strumenti tiralinee, ovvero strumenti che permettono solo la produzione dei disegni, la semplificano e la velocizzano ma non vi aggiungono quella che io chiamo intelligenza del disegno: informazioni non grafiche utilizzabili per ottenere dal disegno calcoli, preventivi, distinte e via dicendo.

Progettazione assistita

Questa è la categoria software più popolata, ormai quasi tutti i CAD hanno strumenti che permettono di sviluppare direttamente a computer tutti o quasi tutti i passaggi della progettazione: bozza a mano libera, sviluppo del design, calcoli costruttivi, creazione della parte reale (oggi, soprattutto se pensiamo alla modellazione tridimensionale, è riduttivo parlare solo di disegno), generazione dei disegni costruttivi, distinte varie, produzione dei file per la produzione tradizionale (macchine a controllo numerico) o additiva (stampa 3D). Non è però necessariamente vero che sia anche la categoria più popolata dal punto di vista degli utilizzatori: molti sono ancora coloro che sfruttano solo una minima parte della potenzialità di tali programmi.

Processo assistito

Entriamo in un discorso che ho sentito fare ancora una trentina di anni addietro, ma che poi non ho visto svilupparsi, anzi, sembrava essersi perso. Recentemente ho visto una demo di un software che riporta in auge la questione: seguire attraverso un unico programma (o un insieme di software incapsulatati in un unico contenitore con passaggio diretto, cioè senza esportazione e importazione dei file, da un’interfaccia all’altra) non solo la progettazione, ma l’intero ciclo di produzione di un prodotto o di un impianto: gestione del briefing iniziale, sviluppo della bozza a mano libera, trasformazione della bozza in un layout ben definito, calcoli, distinte, sviluppo dell’assieme, generazione delle singole parti, costruzione del prodotto o impianto, interfacciamento con l’utilizzatore, manutenzione, eccetera. Non siamo ancora al punto d’arrivo, ma ci stiamo avvicinando e, forse, la chiave di volta arriverà dall’intelligenza artificiale e dai sistemi autoapprendenti.

Cattiva educazione informatica


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“Ragazzi, oggi mi dovete creare un tema usando un editor di testo”. “Profe, cos’è l’editor di testo?” “Il programma con cui si scrivono documenti di testo: Word, Write, Google Documento” “Ah, non poteva dire Word”.

Una scena che si ripete con costante e disarmante frequenza nelle aule scolastiche (ma anche nelle aziende e nelle case) e si presenta anche se all’editor di testo sostituiamo il foglio elettronico o il database e tutte le altre tipologie di programmi, si salva, forse, solo la presentazione con diapositive (o slide). Allo stesso modo molti non capiscono cosa sia un sistema operativo o non sanno definire il browser, l’antimalware, eccetera. Eppure li usano tutti i giorni!

Questa è cattiva, anzi, cattivissima educazione informatica, in parte forse creata e/o incentivata dalle grandi software house, ma solo in parte: sono molti degli stessi docenti (e adulti) a uniformarsi all’utilizzo del nome di uno specifico prodotto, più spesso di casa Microsoft, per indicare la tipologia di prodotto.

Sarebbe ora di cambiare le cose, di riprendere a imparare e insegnare la differenza tra tipologia di prodotto e specifico prodotto, ma anche di tutte quelle altre distinzioni che da qualche decennio sono diventate sempre meno presenti e note: marchio, prodotto, modello, versione, eccetera.

Comunicare: e-mail vs messaggio istantaneo vs telefonata vs incontro


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Quello dei sistemi di comunicazione è un discorso già di suo complesso per le diverse situazioni che si possono avere (uno a uno, uno a molti, molti a uno, molti a molti), ma oggi reso ancor più complesso dall’evoluzione tecnologica. Non volendo dilungarmi troppo devo necessariamente circoscrivere il contesto alla comunicazione uno a uno, quella che è base sostanziale per tutte le altre e che più si conforma al discorso che voglio fare.

Varie sono le abitudini per comunicare: chi preferisce l’incontro, chi la telefonata, chi una qualche forma di messaggio, chi utilizza un po’ tutti i sistemi di comunicazione. Chi ha ragione?

Beh, di certo la soluzione migliore è l’ultima: utilizzarli tutti, ovviamente scegliendo di volta in volta quello più adatto alla situazione e al tipo di messaggio. Infatti ogni sistema ha le sue caratteristiche, i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, assolutamente sbagliato pensare che siano tra loro alternativi, talvolta si ma non sempre. Facciamone un confronto, incompleto ma credo esaustivo.

Sistemi vocali diretti

Sono quei sistemi di stampo più classico, quelli di più antica esistenza e che, per il trasferimento del messaggio, si basano esclusivamente o principalmente sulla voce: l’incontro tra le due persone e la telefonata. A questi due aggiungiamo, essendo sostanzialmente un’estensione della telefonata che vi aggiunge qualcosa ma non ne altera il contesto, la video chiamata.

Al vantaggio della semplicità e della comune disponibilità si affiancano due principali svantaggi: un alta invasività e, anche se alcuni invero lo ritengono un vantaggio (e in alcuni casi in effetti può esserlo), l’assenza di una traccia incontestabile delle cose dette.

Incontro

Vantaggi

  • Permette di socializzare.
  • Consente l’osservazione dei segnali non verbali.
  • Si possono direttamente e immediatamente valutare i feedback.
  • L’interpretazione dei messaggi è abbastanza precisa.
  • Per i soggetti dominanti (ad esempio adulatori, caratteri alfa e manipolatori) è più facile attuare l’azione di dominio.

Svantaggi

  • Prevede lo spostamento di uno o ambedue gli interlocutori.
  • Lo spostamento comporta il consumo di risorse temporali ed economiche, inoltre, considerando il traffico odierno, è fonte di notevole stress.
  • Risulta spesso impossibile evitare interruzioni o distrazioni, quindi ulteriore dispendio temporale.
  • Specie in presenza di un soggetto dominante, ma spesso anche in sua assenza, mette a disposizione poco tempo per pensare a cosa dire.
  • Chi non è dominante tende a farsi sopraffare
  • Pur essendo la scusa che molti adducono per pretenderlo, raramente si riesce a risolvere tutto.

Quando usarlo

Quando l’incontro di persona è assolutamente necessario, per esempio quando si devono visionare grandi impianti o grosse apparecchiature.

Quando non usarlo

In ogni altra situazione.

Telefonata

Vantaggi

  • Permette di evitare trasferimenti e quindi perdite di tempo e spese aggiuntive.
  • Con un sistema vivavoce la si può fare anche mentre si guida (sebbene sia comunque una distrazione che sarebbe meglio evitare).
  • Permette il rilevamento dei toni di voce.
  • L’interpretazione dei messaggi è abbastanza precisa.

Svantaggi

  • Necessita di una connessione stabile che non è presente ovunque e si perde nel passaggio dentro le gallerie.
  • È possibile essere interrotti o distratti.
  • Chi la riceve viene sicuramente disturbato.
  • Per molti non è facile rifiutare la chiamata e rispondono anche quando sarebbe opportuno non farlo.
  • Non permette l’osservazione dei segnali non verbali diversi dai toni di voce.

Quando usarlo

Quando c’è un accordo preliminare sul momento in cui chiamare, concordato mediante i sistemi in differita.

Quando non usarlo

Quando non ci si è accordati con l’interlocutore.

Videochiamata

Vantaggi

  • Emula l’incontro.
  • Permette di evitare trasferimenti e quindi perdite di tempo e spese aggiuntive.
  • Con un sistema vivavoce la si può fare anche mentre si guida (sebbene sia comunque una distrazione che sarebbe meglio evitare).
  • Permette il rilevamento di molti segnali non verbali.
  • L’interpretazione dei messaggi è piuttosto precisa.

Svantaggi

  • Necessita di una connessione molto stabile che non è presente ovunque e si perde nel passaggio dentro le gallerie.
  • È possibile essere interrotti o distratti.
  • Chi la riceve viene sicuramente disturbato.
  • Per molti non è facile rifiutare la chiamata e rispondono anche quando sarebbe opportuno non farlo.
  • Non può essere effettuata mentre si guida.

Quando usarlo

Quando c’è un accordo preliminare sul momento in cui chiamare, concordato mediante i sistemi in differita.

Quando non usarlo

Quando non ci si è accordati con l’interlocutore.

Sistemi vocali indiretti e sistemi scritturali

Sono quei sistemi che generano una comunicazione in differita, cioè quelli in cui il messaggio non è trasmesso in tempo reale ma viene inviato mediante una registrazione vocale o un testo scritto che devono essere necessariamente ascoltati o letti al momento della ricezione: messaggio istantaneo vocale, messaggio istantaneo scritto e posta elettronica (e-mail).

Allo svantaggio di richiedere strumenti specifici (software o piattaforme on-line) abbinano il vantaggio essenziale, che alcuni vedono come svantaggio (e talvolta può veramente esserlo), del lasciare una traccia permanente del messaggio.

Messaggio istantaneo vocale

Vantaggi

  • Sfruttando l’assistente vocale dei telefoni può essere creato e inviato anche mentre si guida.
  • Permette la percezione dei toni di voce migliorando l’interpretazione del messaggi.

Svantaggi

  • Chi lo riceve può essere in situazioni che rendono impossibile ascoltarlo (ambienti rumorosi per esempio).
  • In caso di errori è necessario rifare l’intera registrazione.
  • Una parlata non perfetta potrebbe rendere difficile recepire il completo ed esatto messaggio, ovvero…
  • Richiede una grande capacità di parola e costruzione del discorso.

Quando usarlo

Quando non si possono liberare le mani per scrivere e quando non si ha una buona padronanza della scrittura.

Quando non usarlo

Quando non si ha una padronanza della lingua parlata e quando si gradirebbe una risposta in tempi stretti.

Messaggio istantaneo scritto

Vantaggi

  • Può essere facilmente letto e riletto per capirne il tono.
  • Facile da modificare.

Svantaggi

  • Necessita delle mani libere
  • Richiede buona capacità di scrittura.

Quando usarlo

Quando si ha una buona padronanza di scrittura e non si devono inviare messaggi lunghi.

Quando non usarlo

Quando non si ha una buona padronanza della scrittura e quando si devono inviare messaggi lunghi.

e-Mail

Vantaggi

  • Minimamente invasiva.
  • Permette di ragionare sul contenuto del messaggio.
  • Permette di curare minuziosamente il messaggio sia a livello di contenuto che di presentazione e formattazione
  • Può essere messa in evidenza e memorizzata per il riutilizzo o la considerazione o la risposta.
  • Molto democratica difficile che ci sia un soggetto dominante e un soggetto dominato.
  • Non necessita di immediata attenzione.
  • Eventuali interruzioni o distrazioni non influiscono sul suo contenuto o sulla sua interpretazione.
  • Non richiede trasferimenti e quindi non ha una perdita di tempo e di denaro.
  • Non è soggetta ai problemi di connessione.

Svantaggi

  • Non permette l’osservazione dei segnali non verbali rendendo necessario scriverla con cura e leggerla con molta attenzione senza effettuare letture del pensiero o interpretazioni che vadano oltre quello che è effettivamente scritto
  • Non può essere utilizzata mentre si guida
  • Da certi luoghi potrebbe essere impossibile inviarla o riceverla

Quando usarlo

Quando si devono inviare messaggi lunghi, ad esempio quando si devono inviare istruzioni d’uso o si devono fare valutazioni su progetti.

Quando non usarlo

Quando si ha necessità di una risposta iin tempi brevissimi e si può inviare un messaggio molto breve.

Comunicare è…


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In un mondo dove tanti, troppi parlano per il solo piacere di sentire la propria voce, regaliamoci alcune utili considerazioni sulla comunicazione.

  • L’ascolto è base fondamentale della comunicazione.
  • Tutti sanno parlare, pochi sanno ascoltare.
  • Reiterare il concetto è buona cosa, ma non vuol dire ripeterlo decine di volte con frasi pressoché identiche.
  • Se la metà delle frasi dette non sono altro che duplicati si è sprecato e si è fatto sprecare tempo e opportunità.
  • Ottimo comunicatore non è colui che parla tanto bensì colui che dice tanto.

Efficienza lavorativa (e personale)


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Ho conosciuto persone che “esiste solo il lavoro!” Leggo suggerimenti a pensare solo al lavoro. Esistono concorsi che abituano a lavorare senza sosta per più giorni e più notti. Tutto questo è invero deleterio ai fini dell’efficienza lavorativa, nonché della salute personale, che poi la seconda cosa si integra con la prima e la condiziona.

A tutti gli effetti lo sport, che sia professionistico o meno, è un lavoro: possiamo quindi utilizzarlo per fare un efficace parallelismo.

Persino gli atleti più forti, i fuoriclasse, si concedono periodici momenti di riposo. Lo scarico è aspetto importante nello sport e va diligentemente eseguito ogni settimana, per tutti i mesi dell’anno: in assenza di adeguato recupero le prestazioni inevitabilmente calano fino al crollo totale.

Lo stesso vale per il lavoro: per poter rendere al massimo e farlo. con costanza è indispensabile concedersi opportuni e adeguati momenti di distacco, farlo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.

Due importanti suggerimenti…

  1. prima e dopo un certo orario dimenticate telefono, e-mail, whatsapp eccetera;
  2. almeno un giorno alla settimana fate lo stesso e pensate totalmente ad altro.

AsPer: Assistenza CAD a Persona


Non mi piace usare l’inglese, ma in questo caso penso valga la pena farlo: AsPer uguale CAD Coaching, un mio servizio che ricalca le figure del Personal trainer e del Motivatore adattandole, però, ad un contesto specifico: il Disegno Tecnico Computerizzato.

Come avviene?

Semplice: invece di attivare un corso generico, si attiva un affiancamento direttamente sul lavoro.

Entriamo più nel dettaglio.

Nel servizio AsPer si opera su progetti reali che sono da generare proprio in quel momento, il progettista/disegnatore (operatore) al computer che illustra il lavoro e che ne definisce gli aspetti tecnico progettuali, l’istruttore che indica come procedere per quanto riguarda l’utilizzo del CAD.

Non necessariamente il servizio dev’essere erogato in presenza, è possibile operare benissimo anche da remoto, anzi, può addirittura essere più proficuo: permette di superare agevolmente la barriera della distanza; non richiede l’allestimento di una postazione adeguata; non necessita di spazio aggiuntivo; non comporta la gestione della presenza in azienda di persone estranee; eccetera.

Quali i vantaggi di AsPer?

Con il CAD Coaching si ottimizzano i tempi di apprendimento e lavoro specifici integrandoli fra loro.

Certo alla fine di un’azione di assistenza CAD a persona l’operatore potrebbe non aver acquisito una completa padronanza del software di CAD, però ha prodotto il lavoro che doveva fare, non ha “perso” tempo prezioso e, contemporaneamente, si è formato ad eseguirlo in modo rapido e preciso. Se necessario l’operatore potrà poi ampliare le sue abilità con un ulteriore CAD Coaching o con dei corsi micro modulari di autoapprendimento selezionati o/e predisposti sulle sue specifiche esigenze, altro mio specifico servizio.

Contattami se hai un’esigenza di un servizio di formazione CAD, insieme innanzitutto valuteremo quale può essere il servizio più opportuno, nel caso poi definiremo modalità e tempi. I CAD di cui mi occupo sono LibreCAD, AutoCAD, AutoCAD Electrical, Inventor e FreeCAD.

e-Learning


In tema di insegnamento via web si fa molta confusione e, invero, ad alcuni fa, purtroppo, comodo così.

L’e-Learning è un ambiente strutturato, una piattaforma web che prevede, oltre allo spazio di lezione, anche gli spazi di supporto (tutoraggio), di lavoro (compiti e altro), di approfondimento autonomo (esercizi, tutorial, video , collegamenti a siti interessanti, eccetera), di condivisione tra partecipanti al corso specifico ma anche tra tutti gli iscritti ai corsi di un istruttore o di un’azienda che eroga corsi e, perché no, anche con esterni (forum e portfolio), di messaggistica, di valutazione e autovalutazione, di contatto con il e dal mondo del lavoro.

L’e-Learning letteralmente significa insegnamento elettronico, più estesamente identifica l’insegnamento a distanza mediante strumenti informatici, ma è molto di più del fare una lezione in video conferenza, che si identifica con FAD (formazione a distanza) o DAD (didattica a distanza).

Questo non deve però indurre a fare classificazioni meritorie: l’e-Learning non è qualcosa di meglio della FAD o della DAD, è solo qualcosa di diverso, qualcosa di più completo ma non necessariamente di più adatto e performante: bisogna valutare di volta in volta le esigenze, gli obiettivi, gli argomenti e i tempi.

Smart working


No, non è semplicemente il lavoro da remoto bensì il lavoro agile o, meglio, in agilità, il lavoro che rispetta le esigenze del singolo, di ogni singolo individuo, libero, all’interno di una tempistica di progetto, di definire giorno per giorno, momento per momento i propri orari. Non è facile implementarlo? E allora? Chi lo dice che si debbano fare solo le cose facili? Non è forse vero che sono le difficoltà a dare la maggiore soddisfazione!

TappaUnica3V: il libro!


Come idea l’avevo già ventilata qualche anno fa, poi per varie ragioni era rimasta nel limbo, ora mi sono dato una mossa e in una settimana di intenso lavoro finalmente il libro è impostato. Ovviamente c’è ancora molto lavoro da fare ma dovrei poter uscire ai primi di gennaio 2023. Per ora eccovi quella che sarà la copertina.

Formazione dei quadri dirigenti: cosa e come!


Dignità, autostima, fiducia e rispetto sono quelle qualità che ogni persona dovrebbe possedere per vivere coscientemente e coerentemente in una società evoluta quale si ritiene essere quella odierna. Ancor più le dovrebbero avere coloro che rivestono ruoli determinanti nell’ambito dell’organizzazione sociale, sia essa intesa come società in se stessa che come struttura aziendale.

In tal senso, un tempo non molto lontano era consuetudine inviare i quadri dirigenti ai corsi di survival o similari. Oggi, al contrario, spesso sono solo delle parole messe in campo per dovere ma non accompagnate dai rispettivi atteggiamenti dirigenziali.

Può sembrare che siano qualità non formabili, che uno o ce le ha o no, invece non è così, invece si possono e si devono formare, come? La soluzione più efficiente e rapida è quella di avvicinare il mondo del nudismo, dove le qualità di cui stiamo parlando sono essenziali e, se carenti, attraverso il nudo sociale in poco tempo vengono inevitabilmente rinforzate. A tal ragione vi rimando al mio programma “VivAlpe, escursioni inclusive”.

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Scuola: non facile, buona; non informazioni, metodo; non compressione, allargamento


Spero non siano tutti così, anzi, ho le prove materiali che ci siano opinioni diverse, ma in questi ultimi tre anni ho partecipato a diversi incontri formativi con psicoterapeuti, psicologi, pedagogisti e altre figure identificate come esperti del settore dell’insegnamento e, fra molte cose buone, ho sentito anche indicazioni che, sinceramente, definire illogiche è poco. Una per tutte: “gli attuali adolescenti hanno un lessico molto povero, pertanto voi docenti dovete accordarvi per formulare le richieste (lavori, compiti, eccetera) utilizzando tutti le stesse forme lessicali”. Come dire “dai muri della casa sono crollati dei pezzi, invece di ripararli, buttiamone giù altri”.

Creare cultura non può essere banalizzato, acquisire cultura non può essere reso facile e indolore. Il cervello va gestito così come si gestiscono i muscoli: allenandolo. Ogni allenamento per essere produttivo deve portare fuori dalla zona di benessere, ma non l’allenatore bensì l’allenato. Un allenamento è stato efficace solo quando, dopo averlo effettuato, l’allenato ha i muscoli doloranti, il corpo affaticato e gronda di sudore.

La scuola non può e non deve essere facile, può e deve essere buona formatrice. La scuola non può e non deve dare informazioni pronte all’uso, la scuola può e deve dare metodo di studio. Il docente non può e non deve essere colui che spiega, il docente può e deve essere colui che guida i discenti nel complesso e crescente percorso di autoapprendimento. Il docente non può e non deve adeguare il suo lessico e la sua proposta didattica alle conoscenze dei discneti, il docente può mantenere alto il livello della sua didattica per stimolare all’accresimento e indurre l’allargamento delle conoscenze e delle visioni.

Vantaggi e svantaggi del lavoro in agilità


Lavoro in agilità ovvero quello che i più, conformandosi alla moda degli inglesismi, chiamano Smart Working e alcuni italianizzano, poco correttamente, in lavoro agile. Un tema, questo, già presente da molti anni, da qualche parte già sperimentato e adottato, da altre ignorato o, spesso per partito preso o convenienza, ostaggiato. Quali sono i suoi vantaggi e quali, perchè sempre ci sono, gli svantaggi?

Senza pensare di poter essere esauriente al cento per cento (l’argomento è vastisimo e implica numerose variabili, comunque tutte riversabili nei punti contenitore sotto elencati), partiamo da questi ultimi.

Svantaggi del lavoro in agilità

  1. Dover cambiare paradigma lavorativo: non più l’improvvvisazione ma l’attenta e puntuale programmazione.
  2. Dover modificare la mentalità gestionale: non più il controllo paranoico del personale ma la definizione concordata di periodici obiettivi.
  3. Dover rivedere la strutturazione sociale: non più periodi e orari rigidi ma la flessibilità estesa a tutti i contesti e tutti i settori.
  4. Assenza di socializzazione, beh, invero questo è contestabile, di certo c’è una sua diminuzione ma suvvia che forse si va a lavorare per socializzare? Si socializza al lavoro, ma non si ha bisogno del lavoro per socializzare, ci sono tante altre occasioni per farlo. Per altro già con la tecnologia odierna si può socializzare anche da remoto, con quella a venire sarà ancora meglio, e poi nulla e nessuno vietano di organzzare momenti periodici d’incontro fisico.
  5. Riduzione del giro d’affari per bar e ristoranti nei luoghi di lavoro? Dovranno solo spostarsi verso le zone abitative e offrire, eventualmente, un servizio a domicilio.
  6. Altre più specifiche problematiche, più o meno tutte riconducibile alla situazione di cui sopra e risolvibili nello stesso modo: variazione del sistema e dei servizi.

Vantaggi del lavoro in agilità

  1. Ottimizzazione dei processi di lavoro.
  2. Miglioramento dei rapporti sociali interni all’azienda.
  3. Riduzione degli spostamenti da casa al lavoro e viceversa.
  4. Riduzione del traffico.
  5. Riduzione dell’inquinamento.
  6. Riduzione del deperimento delle sedi stradali.
  7. Riduzione dei tempi morti causati dalle lunghe soste nel traffico congestionato.
  8. Riduzione degli incidenti stradali.
  9. Riduzione dello stress.
  10. Grande adattabilità operativa.
  11. Facilità di risposta ai bisogni del cliente.
  12. Persone più concentrate quindi più produttive.
  13. Ritorno ad una vita sociale.
  14. Contenimento delle spese sia per le aziende che per le persone.
  15. Miglioramento del potere d’acquisto.
  16. Felicità sociale.
  17. Minor consume delle risorse energetiche (carburanti quindi petrolio oggi, elettrico nell’ormai prossimo futuro).
  18. Minor produzione di gas serra.
  19. Minor impatto sull’ozono.
  20. Diminuzione delle dimesioni degli edifici aziendali.
  21. Aumento del territorio disponibile per zone verdi.
  22. Elevata vivibilità degli spazi urbani.
  23. Tante altre piccole cose.

Insomma, a fronte di tre soli veri svantaggi, ci sono innumerevoli rilevanti vantaggi, in ragione dei quali si devono assolutamente abbandonare remore e ostilità: ogni argomento oppositivo è superabile, ogni problematica è risolvibile, basta volerlo!

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Installare F24 On Line su Ubuntu


F24OnLine è un programma fornito dall’Agenzia delle Entrate per la compilazione guidata del modello F24 e la preparazione automatica del file da utilizzare nel Desktop Telematico, altro programma dell’Agenzia utilizzabile per pagare le tasse direttamente dal proprio computer. Se nell’ambiente Windows l’installazione di tale programma è (quasi) indolore, in Linux, invece, contrariamente a quanto indicato sul sito del programma, si incontrano parecchie difficoltà, a partire da un documento di istruzioni assolutamente incomprensibile, e il minimo errore può portare anche alla impossibilità d’avvio. Fatte varie sperimentazioni alla fine ho definito una procedura veloce e sicura che pubblico affinché sia disponibile a chiunque ne abbia bisogno. Con tale procedura il programma risulta disponibile ad un solo utente (quello in cui si è fatta la procedura), ho provato a renderlo disponibile a tutti ma non funziona (o almeno io non ci sono risucito).

Attenzione alle maiuscole e minuscole: Linux è un sistema operativo “case-sensitive” per cui le distingue.

Installazione

  1. Avviare il “Gestore pacchetti” (se non è installato, installarlo da Ubuntu Software)
  2. Aggiornare i pacchetti
  3. Cercare “canberra”
  4. Click destro sul pacchetto “libcanberra-gtk-module”
  5. Cliccare su “Installa”
  6. Selezionare tutti i pacchetti aggiuntivi proposti
  7. Applicare le modifiche definite cliccando sul pulsante “Applica” nella barra degli strumenti
  8. Avviare “Ubuntu Software”
  9. Cercare “IcedTea”
  10. Installare “IcedTea Web Control Panel”
  11. Chiudere “Ubuntu Software”
  12. Andare sul sito dell’Agenzia delle Entrate
  13. Con l’apposita funzione eseguire la ricerca con la chiave “software f24”
  14. Cliccare sulla voce “Servizi – F24 – Software di compilazione”
  15. Scorrere la pagina per individuare, nella sezione “Scarica il software”, il collegamento “F24 On Line”
  16. Fare click destro su detto collegamento
  17. Selezionare la funzione “Salva destinazione con nome” (o qualcosa di similare, ad esempio “Salva con nome”: dipende dal browser utilizzato)
  18. Definire la posizione di salvataggio
  19. Cliccare su “Salva”
  20. Aprire “Nautilus” (File)
  21. Portarsi nella cartella dove si è scaricato il file F24
  22. Copiare il file nella cartella “Home” (come già detto ho provato in vari modi e alla fine questo è l’unico a funzionare correttamente), a fine installazione questo file potrà essere cancellato
  23. Avviare il “Terminale” premendo Ctrl+Alt+T
  24. Digitare il comando javaws F24OnLine.jnlp
  25. Ignorare i messaggi visualizzati nel terminale
  26. Nella finestra “Security Approval Required” lasciare tutto com’è e cliccare sul pulsante “Run”
  27. Viene effettuato lo scaricamento di una prima parte di estensioni
  28. Si apre una finestra di dialogo senza titolo, attivare la check-box “Remember this option?” e cliccare sul pulsante “Yes”
  29. Viene effettuato lo scaricamento di altre estensioni
  30. Si apre una seconda finestra senza titolo, anche qui attivare la check-box “Remeber this opiton?”e cliccare sul pulsante “Yes”
  31. Nella finestra di dialogo “Security Warning” disattivare la check-box “Desktop shortcut” e cliccare sul pulsante “OK”
  32. Nella finestra “F24 On Line” cliccare sul pulsante “OK”
  33. Si apre la finestra “Compilazione MODELLO F24”: installazione avvenuta
  34. Chiudere la finestra “Compilazione MODELLO F24”
  35. Chiudere il “Terminale”
  36. Chiudere “Nautilus”
  37. Chiudere eventuali altri programmi aperti
  38. Terminare la sessione
  39. Riconnettere l’utente
  40. Avviare il programma dal menù principale mediante l’icona “F24 On Line”
  41. Se tutto funziona, cancellare il file “F24OnLine.jnlp” che avevamo copiato nella cartella “Home”

Recuperare i file F24 precedentemente compilati

Se si tratta di un trasferimento su altro computer o sullo stesso computer rigenerato, è possibile recuperare i file F24 compilati in precedenza:

  1. Se aperto chiudere il programma “Compilazione MODELLO F24”
  2. Trovare sull’altro computer, o nella posizione in cui sono stati preventivamente duplicati tutti i vecchi documenti, la cartella “F24”
  3. Copiare tutto il suo contenuto nella cartella “Home/F24” sul nuovo computer
  4. Ripetere per le cartelle “F24Pdf”, “F24Temp” e “Resources” all’interno di “F24Prog” il cui contenuto va copiato all’interno delle analoghe cartelle sul nuovo computer
  5. All’avvio del programma F24OnLine si troveranno nel menù File-Apri tutti i vecchi file

Installazione e configurazione iniziale di QMapShack per Ubuntu e Windows


QMapShack è un programma per consultare carte topografiche e creare, anche in modo automatico, tracciati. Lo utilizzo ormai da alcuni anni e ne sono veramente entusiasta: sebbene personalmente non utilizzi le tracce GPX per muovermi sul terreno (preferisco andare a intuito o, al limite, consultare la carta, che sia materiale o virtuale), in fase di preparazione delle uscite è sempre ottima cosa studiarsi per bene il percorso ed è molto più facile farlo se si dispone di una traccia ben definita e così questo programma mi ha permesso di fare tantissimo lavoro, risparmiandomi parecchio tempo. Dato che non è facile trovarlo, installarlo (su Linux) e configurarlo, ecco qua la descrizione dettagliata di tutto quanto serve: su Linux fate attenzione alle maiuscole e minuscole, è un sistema operativo “case-sensitive” per cui le distingue.

Installazione

Al momento (agosto 2022) il programma non è disponibile nell’applicativo Ubuntu Software per cui bisogna procedere in modo diverso e due sono le possibilità: automatica o manuale (eseguibile con quattro modalità, come più sotto illustrato); il gestore pacchetti è necessario per ambedue le modalità di installazione e non è preinstallato in Ubuntu per cui va installato cercandolo in Ubuntu Software. Su Windows è tutto più semplice: sul sito sotto indicato trovate il collegamento all’eseguibile per l’installazione, lo scaricate e lo avviate, stop, l’unica complicazione potrebbe essere data dal blocco di sicurezza, in tal caso aprite la cartella dove avete scaricato il file, fate click destro sul file, selezionate la voce Proprietà e cliccate sulla checkbox “Annulla blocco”.

Automatica

Con questa modalità viene anche creata l’icona nel menù delle applicazioni attraverso la quale avviare il programma, inoltre il programma poi si aggiornerà in automatico.

  • Andare sul sito Github alla pagina di QmapShack.
  • Rilevare il numero di versione dell’ultima versione.
  • Avviare il Gestore pacchetti.
  • Aggiornare i pacchetti.
  • Cercare QmapShack.
  • Verificare se il numero di versione corrisponde a quello rilevato su Github, nel qual caso conviene procedere, altrimenti si consiglia di passare a una delle modalità manuali.
  • Click destro sul pacchetto.
  • Cliccare su Installa.
  • Confermare l’installazione di tutti i pacchetti aggiuntivi proposti.

Manuale rapida

Con questa modalità non viene creata l’icona nel menù delle applicazioni e l’avvio del programma avviene facendo doppio click sul file immagine sul computer, inoltre viene a mancare l’aggiornamento automatico per cui bisognerà poi controllare periodicamente il sito Github.

  1. Tornare sul sito Github alla pagina di QmapShack.
  2. Scorrere la pagina per reperire e scaricare il file immagine (Appimage) dell’ultima versione
  3. Copiare il file scaricato sulla scrivania o in altra comoda collocazione
  4. Assegnare al file i permessi di esecuzione:
    1. click destro sul file
    2. selezionare Proprietà
    3. aprire la scheda Permessi
    4. attivare la check-box “Consentire l’esecuzione del file come programma”

Manuale portatile

Con questa modalità non viene creata l’icona nel menù delle applicazioni e l’avvio del programma avviene facendo doppio click sul file immagine nella pendrive, inoltre viene a mancare l’aggiornamento automatico per cui bisognerà poi controllare periodicamente il sito Github.

  1. Andare sul sito https://github.com/Maproom/qmapshack/releases
  2. Scorrere la pagina per reperire e scaricare il file immagine (Appimage) dell’ultima versione
  3. Copiare il file scaricato sulla pendrive
  4. Assegnare al file i permessi di esecuzione:
    1. click destro sul file
    2. selezionare Proprietà
    3. aprire la scheda Permessi
    4. attivare la check-box “Consentire l’esecuzione del file come programma”

Manuale completa per utente singolo

Con questa modalità viene creata l’icona nel menù delle applicazioni e l’avvio del programma avviene attraverso tale l’icona, viene però a mancare l’aggiornamento automatico per cui bisognerà poi controllare periodicamente il sito Github.

  1. Avviare il “Gestore pacchetti”(se non è installato, installarlo da Ubuntu Software)
  2. Aggiornare i pacchetti
  3. Cercare QmapShack
  4. Click destro sul pacchetto
  5. Cliccare su “Installa pacchetti raccomandati”
  6. Selezionare tutti i pacchetti raccomandati e relativi pacchetti aggiuntivi proposti
  7. Applicare le modifiche definite cliccando sul pulsante Applica nella barra degli strumenti
  8. Andare sul sito https://github.com/Maproom/qmapshack/releases
  9. Scorrere la pagina per reperire e scaricare il file immagine (Appimage) dell’ultima versione
  10. Scaricare anche il file zip con i sorgenti
  11. Aprire Nautilus (File)
  12. Portarsi nella cartella dove si sono scaricati i file
  13. Aprire il file zip coi sorgenti di QMS
  14. Cercare QmapShack.png
  15. Individuare il file png posizionato nella cartella …/512×512/apps
  16. Estrarre il png individuato
  17. Rinominare il file immagine (AppImage) in QmapShack (per renderlo più agibile nel seguito del processo dato che il suo nome originale è piuttosto complesso)
  18. Assegnare al file immagine (AppImage) i permessi di esecuzione:
    1. click destro sul file
    2. selezionare “Proprietà”
    3. aprire la scheda “Permessi”
    4. attivare la check-box “Consentire l’esecuzione del file come programma”
  19. Chiudere la finestra “Proprietà”
  20. Attivare la visualizzazione dei file nascosti
    1. Cliccare sula prima icona in alto a destra
    2. Attivare la check-box “Mostra file nascosti”
  21. Creare in Home una cartella AppImage (dove andremo a collocare tutti gli altri eventuali file immagine che potrebbe capitarci di utilizzare)
  22. Copiare in detta cartella l’appimage di QmapShack e il file png estratto dai sorgenti
  23. Avviare l’Editor di Testo
  24. Salvare il file nella cartella Home/.local/share/applications con nome qmapshack.desktop
  25. Scriverci il seguente codice (sostituire nei percorsi la voce nome utente con quanto memorizzato negli appunti di sistema al passo 21; volendo è possibile personalizzare le voci Comment e Categories: la prima liberamente mentre la seconda ammette solo alcuni termini, vedi https://wiki.ubuntu-it.org/AmbienteGrafico/IconeDiAvvio/Modalit%C3%A0Manuale)
    1. [Desktop Entry]
    2. Version=1.0
    3. Name=QMapShack
    4. Comment=Creatore percorsi
    5. Exec=/home/nome utente/AppImage/QMapShack-x86_64.AppImage_Ubuntu-18.04
    6. Icon=/home/nome utente/AppImage/QMapShack.png
    7. Terminal=false
    8. Type=Application
    9. Categories=Graphic
  26. Salvare le modifiche fatte
  27. Chiudere l’Editor di Testo
  28. Chiudere il Terminale
  29. In Nautilus disattivare la visualizzazione dei file nascosti
  30. Chiudere Nautilus
  31. Chiudere eventuali altri programmi aperti
  32. Terminare la sessione
  33. Riconnettere l’utente

Manuale completa per tutti gli utenti del computer

Con questa modalità viene creata l’icona nel menù delle applicazioni e l’avvio del programma avviene attraverso tale l’icona, viene però a mancare l’aggiornamento automatico per cui bisognerà poi controllare periodicamente il sito Github.

  1. Avviare il “Gestore pacchetti”(se non è installato, installarlo da Ubuntu Software)
  2. Aggiornare i pacchetti
  3. Cercare QmapShack
  4. Click destro sul pacchetto
  5. Cliccare su “Installa pacchetti raccomandati”
  6. Selezionare tutti i pacchetti raccomandati e relativi pacchetti aggiuntivi proposti
  7. Applicare le modifiche definite cliccando sul pulsante Applica nella barra degli strumenti
  8. Andare sul sito https://github.com/Maproom/qmapshack/releases
  9. Scorrere la pagina per reperire e scaricare il file immagine (Appimage) dell’ultima versione
  10. Scaricare anche il file zip con i sorgenti
  11. Aprire Nautilus (File)
  12. Portarsi nella cartella dove si sono scaricati i file
  13. Aprire il file zip coi sorgenti di QMS
  14. Cercare QmapShack.png
  15. Individuare il file png posizionato nella cartella …/512×512/apps
  16. Estrarre il png individuato
  17. Rinominare il file immagine (Appimage) in QmapShack (per renderlo più agibile nel seguito del processo dato che il suo nome originale è piuttosto complesso)
  18. Assegnare al file immagine (AppImage) i permessi di esecuzione:
    1. click destro sul file
    2. selezionare “Proprietà”
    3. aprire la scheda “Permessi”
    4. attivare la check-box “Consentire l’esecuzione del file come programma”
  19. Tornare alla scheda “Generali”
  20. Fare doppio click sul percorso che identifica la posizione del file (“Cartella superiore”)
  21. Click destro sulla selezione
  22. Selezionare copia
  23. Chiudere la finestra “Proprietà”
  24. Aprire il Terminale (Ctrl+Alt+T)
  25. Creare la cartella dove posizionare i nostri file:
    1. digitare sudo mkdir /opt/AppImage
    2. premere INVIO
    3. al primo utilizzo di sudo viene chiesta la password, nel digitarla non viene visualizzato nulla: è il comportamento normale del Terminale
  26. Copiare in detta cartella il file immagine di QmapShack e il file png estratto dai sorgenti:
    1. digitare sudo cp
    2. inserire uno spazio
    3. posizionare il cursore del mouse in fondo alla scritta dopo lo spazio
    4. fare click destro e selezionare incolla
    5. alla fine del percorso così incollato aggiungere /QmapShack* /opt/AppImage/
    6. premere INVIO
  27. Avviare l’Editor di Testo con diritti root: sudo gedit
  28. Salvare il file nella cartella /usr/share/applications/ con nome qmapshack.desktop
  29. Scriverci il seguente codice, senza la numerazione (volendo è possibile personalizzare le voci Comment e Categories: la prima liberamente mentre la seconda ammette solo alcuni termini, vedi https://wiki.ubuntu-it.org/AmbienteGrafico/IconeDiAvvio/Modalit%C3%A0Manuale)
    1. [Desktop Entry]
    2. Version=1.0
    3. Name=QMapShack
    4. Comment=Creatore percorsi
    5. Exec=/opt/AppImage/QMapShack
    6. Icon=/opt/AppImage/QMapShack.png
    7. Terminal=false
    8. Type=Application
    9. Categories=Graphic
  30. Salvare le modifiche fatte
  31. Chiudere l’Editor di Testo
  32. Chiudere il Terminale
  33. Chiudere Nautilus
  34. Chiudere eventuali altri programmi aperti
  35. Terminare la sessione
  36. Riconnettere l’utente

Configurazione del programma

Al primo avvio il programma è praticamente inutilizzabile e, quindi, necessità di alcune operazioni di configurazione, la principale (e l’unica indispensabile) è quella che riguarda l’attivazione delle carte topografiche (mappe), poi sono consigliabili anche quelle che attivano la rilevazione dell’altimetria (permettono di calcolare i dislivelli, totali e parziali, dei tracciati) e il tracciamento automatico (semplifica notevolmente la creazione degli itinerari, anche se, purtroppo, , pur avendo provato diverse soluzioni spesso risulta molto approssimativo e ci sono tratti dei percorsi che sono scoperti).

  1. Avviare QMS

Attivazione delle Mappe

  1. Aprire il menù “File”
  2. Selezionare la voce “Percorso mappe”
  3. Cliccare sul grosso pulsantone alla base della finestra di dialogo “Voglio le mappe! Non ho voglia di leggere la documentazione!”
  4. Indicare la cartella in cui salvare le mappe (è possibile crearla dall’interno della stessa finestra di selezione)
  5. Nel riquadro “Mappe” compaiono le icone di cinque mappe (più che sufficienti per iniziare): OpenCycleMap, OpenStreetMap (che è sostanzialmente la base di molte altre ed è quella che vi permette il maggior ingrandimento), OSM_Topo, WorldSat e WorldTopo
  6. Fare click destro sulla mappa che si vuole utilizzare
  7. Cliccare su “Attivare”

É possibile attivare anche più di una mappa, quella più in basso copre le altre ma può essere resa trasparente (cliccare sulla freccetta nera a fianco dell’icona mappa e trascinare il cursore nella barra della trasparenza: la prima subito sotto il nome della mappa) o essere spostata in alto nell’elenco mappe (click destro sulla mappa e selezionare “Muovi Su”).

Attivazione dei file di elevazione (DEM)

  1. Aprire il menù “File”
  2. Selezionare la voce “Percorso dei file DEM”
  3. Cliccare sul grosso pulsantone alla base della finestra di dialogo “Aiuto! Voglio il DEM! Non ho voglia di leggere la documentazione!”
  4. Indicare la cartella in cui salvare i DEM (è possibile crearla dall’interno della stessa finestra di selezione)

Stando alle mie prove, però, questo file DEM è alquanto impreciso e vi genera calcoli dei dislivelli in notevole difetto, per cui invito a seguire invece la procedura seguente.

  1. Aprire il menù “File”
  2. Selezionare la voce “Percorso dei file DEM”
  3. Impostare il percorso di salvataggio dei file DEM (icona + a destra nella finestra)
  4. Chiudere la finestra “Percorso dei file DEM”
  5. Andare sul sito http://www.viewfinderpanoramas.org/Coverage%20map%20viewfinderpanoramas_org3.htm
  6. Cliccare nella mappa sulla zona di proprio interesse
  7. Confermare il download
  8. Aprire Nautilus (File)
  9. Andare nella cartella dove è stato posizionato il file scaricato
  10. Eseguire l’estrazione del contenuto zippato
  11. Spostare (o copiare) la cartella estratta nella cartella impostata come percorso di salvataggio dei file DEM
  12. Da QMapShack aprire il menù “Strumenti”
  13. Selezionare la voce “Costruttore di VRT”
  14. Si apre la scheda “GDAL VRT in costruzione”
  15. Cliccare sull’icona “Seleziona il file di origine” (in alto a sinistra)
  16. Andare nella cartella estratta (quella nel percorso di salvataggio dei file DEM)
  17. Selezionare tutti i file presenti
  18. Cliccare su “Open”
  19. Cliccare sull’icona “Nome del file di destinazione” (in basso a sinistra)
  20. Digitare il nome che si vuole dare al file (consigliabile differenziarlo dal nome della cartella, magari aggiungendovi la data corrente)
  21. Cliccare su “Save”
  22. Cliccare sul pulsantone “Inizio” (in baso a destra)
  23. Chiudere la scheda “GDAL VRT in costruzione”
  24. Click destro nel riquadro “Dlg. Elev. Model (DEM)”
  25. Selezionare “Ricarica DEM”
  26. Click destro sul DEM caricato
  27. Selezionare “Attivato”

Periodicamente rivisitare il sito dei file DEM per scaricare, elaborare a attivare eventuali aggiornamenti (è sempre riportata la data dell’aggiornamento).

Attivazione del tracciamento automatico (Routino)

  1. Andare sul sito https://download.geofabrik.de/
  2. Selezionare nell’elenco la zona pertinente
  3. Selezionare nell’elenco la nazione pertinente
  4. Selezionare nell’elenco la zona pertinente
  5. Cliccare sulla voce riferita al file pbf (di solito la prima in alto subito sotto il titolo “Commonly Used Formats”)
  6. Confermare il download
  7. Se necessario tornare indietro a selezionare altra zona e scaricare il relativo pbf (scaricare il minimo indispensabile, l’elaborazione di questi file è molto lunga e produce file molto grossi)
  8. Da QMapShack aprire il menù “Strumenti”
  9. Selezionare la voce “Crea un database Routino”
  10. Cliccare sull’icona “Seleziona file origine” (in alto a sinistra)
  11. Andare nella cartella dove sono stati scaricati i file pbf
  12. Selezionare tutti i file scaricati
  13. Cliccare sull’icona “Percorso di destinazione” (in basso a sinistra)
  14. Definire il percorso di destinazione dei file di tracciamento
  15. Cliccare su “Open”
  16. Nella casella “Prefisso file” (in basso al centro) digitare un nome da assegnare ai file di tracciamento (consiglio di usare un nome che identifichi per bene la zona coperta, aggiungendovi la data di generazione)
  17. Cliccare sul pulsantone “Inizio” (in basso a destra)
  18. Quando l’elaborazione è terminata (ci vuole parecchio tempo) chiudere la scheda “Crea un database Routino”
  19. Nel riquadro “Routing” verificare che nel primo selettore in alto sia selezionata la voce “Routino (Offline)”, se necessario selezionarla
  20. Nel selettore “Profilo” dev’essere selezionato “A piedi”
  21. Nel selettore “Lingua” impostare la lingua desiderata (non ci sono tutte)
  22. Nel selettore “Modalità” dev’essere selezionato “Breve”
  23. Mediante il selettore “Database” selezionare il database generato, se non appare bisogna aspettare un poco

Periodicamente rivisitare il sito dei file routino per scaricare, elaborare e attivare eventuali aggiornamenti (è sempre riportata la data dell’aggiornamento).

P.S.
In un prossimo articolo descriverò l’utilizzo del programma.

Allenare il cervello


Non diamo la colpa alla tecnologia se molti sono diventati cognitivamente lenti e spesso preferiscono chiedere piuttosto che cercare, chiedere anche ciò che è sotto i loro occhi, chiedere persino quello che possono facilmente trovare, chiedere ancor prima di averci provato a cercare le risposte. Il vero colpevole è il cervello, un cervello che si è abituato a restare spento o, al massimo, nel dormiveglia.

Il cervello non è un muscolo ma come i muscoli per funzionare ha bisogno di allenamento e mantenimento. In assenza di vere e proprie patologie, non c’è bisogno di specifici esercizi, basta sfruttare adeguatamente le occasioni del quotidiano:

  • vivere nel dubbio invece che di certezze;
  • farsi tante domande su tutto quello che incontriamo e non conosciamo o conosciamo poco;
  • formulare proprie e personali risposte;
  • in assenza di queste, o per verificarle, cercarle sui tanti canali esistenti, in primis Internet, ma poi ci sono i buoni “vecchi” libri;
  • leggere, leggere, leggere;
  • le domande agli altri farle solo come ultimissima spiaggia, quando dopo averci ripetutamente e attentamente provato proprio non siamo riusciti a trovare le risposte che cerchiamo;
  • non farsi intimorire dalle difficoltà ma provarci, provarci sempre.

Lavoro da remoto… non un’opzione ma un dovere!


Stante la situazione attuale che vede la società assillata da mancanza di tempo, stress quotidiano, traffico assurdo, inquinamento irrefrenabile, emergenza climatica, disuguaglianza di genere e via dicendo, appare evidente che l’attivazione del lavoro da remoto, agile o meno agile che sia (ma è indubbio che l’agile, sebbene non sempre attuabile, sia molto meglio), è molto più che una semplice opportunità: è un dovere sociale, una improcrastinabile necessità, un obbligo morale.

Etica e crescita professionale


Forse o probabilmente questo mio pensiero mi ha complicato (rovinato?) la vita professionale, però ritengo che l’empatia e il rispetto non siano solo belle parole con cui riempirsi la bocca.

Agenzie pubblicitarie, consulenti del lavoro, procacciatori d’affari e similia sono tutti attivi nel proporre servizi che ti aumentano la clientela, sono tutti intenti a insegnare il verbo del profitto individuale, a farne una missione sociale inderogabile. Tutti, però, volutamente, e quindi ineticamente, nascondono una incontestabile verità: dato che il lavoro globalmente disponibile è sostanzialmente, almeno nel breve e anche medio termine, una costante, se qualcuno aumenta il suo vuol dire che sta uccidendo quello di qualcun altro: per ogni nuovo “ricco” c’è inevitabilmente una crescita dei “poveri”!

Effetto #DAD #FAD


Gli effetti non dipendono dallo strumento ma dal come le persone lo utilizzano.

Questo vale per qualsiasi cosa, quindi anche per la DAD o FAD che dir si voglia, dove all’eventuale cattivo utilizzo si sommano imposizioni istituzionali che male si conformano alle caratteristiche dell’insegnamento a distanza: lavoro, presenze e risultati vanno definiti e misurati con logiche di progetto e non con logiche di tempo!

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Delegare


Una cosa che ormai da un certo tempo s’insegna ai dirigenti è quella di delegare e loro lo hanno imparato, purtroppo non tutti, oserei dire pochi facendo riferimento a quanto ho potuto direttamente o indirettamente osservare, hanno capito cosa e come delegare.

Il giusto delegare è quando…

  1. Non si delega per liberarsi dalle responsabilità, si delega per assumersi responsabilità.
  2. Non si delega quanto da fastidio a se, si delega ciò che può far piacere agli altri.
  3. Non si delega il lavoro che, per qualsivoglia motivo, non si riesce a fare, si delega il lavoro che può essere motivante per le altre persone.
  4. Non si delega arbitrariamente, si delega tenendo conto dell’altrui carico di lavoro.
  5. Non si delega per imposizione, si delega per libero e reciproco accordo.
  6. Il candidato alla delega deve potersi rifiutare.

Il delegare non è uno strumento di alleggerimento personale, bensì uno strumento di costruzione del gruppo di lavoro.

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Auguri 2020 in 21


Con gli avi s’è desto
quest’anno bisesto
e lesto s’è fatto
un anno funesto.

A Natura abbiam detto
di te me ne sbatto
e quella ci ha posto
nello scacco matto.

Or non ci resta
che cambiare le gesta
imparare dal fatto
riformulare il patto.

Nell’anno che viene
spogliamo la mente
invochiamo rispetto
del tempo e del corpo.

Auguri

Emanuele Cinelli – 22 dicembre 2020

Lavoro remoto, facciamo chiarezza


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In questi ultimi mesi molti sono stati gli articoli, le mail, i discorsi su questo tema che mi è capitato di leggere e… c’è molta confusione.

Certo l’argomento si presta a differenti interpretazioni e tutte si possono considerare sostanzialmente corrette, io stesso intendo i vari termini tutti un sinonimo tra di loro: alla fine se le cose andassero come dovrebbero andare in un mondo maturo e civile non servirebbero rigide regole o addirittura imposizioni legislative. Però, come taluni dicono nel tentativo di smorzare l’entusiasmo altrui, non siamo in un mondo perfetto ed ecco che dobbiamo necessariamente standardizzarci, scrivere leggi e alle stesse fare riferimento.

Ecco un breve glossario sui termini che riguardano il telelavoro.

Lavoro remoto

Con questo termine si fa generico riferimento al lavoro effettuato in luogo diverso e più o meno lontano dalla propria postazione (fissa) collocata in azienda o ufficio. Al suo interno raggruppa le varie modalità operative, alla fine riconducibili a due famiglie: il telelavoro e lo smart working.

Telelavoro

Lo spostamento a distanza, comunque non necessariamente a casa, del lavoro così come usualmente eseguito e programmato in azienda o in ufficio. Il lavoratore è assoggettato agli usuali orari aziendali e al calendario predeterminato, qualora debba assentarsi deve necessariamente richiedere uno specifico permesso.

Smart Working

Non vuol dire lavoro intelligente, come ho in alcune occasioni letto, bensì lavoro agile e…

Lavoro agile

Legge 22 maggio 2017 n. 81 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.” art. 18)

La parola agile (che invero sarebbe stato meglio utilizzare agevole) non è un semplice sinonimo di flessibilità, soprattutto di quella limitatissima adottata in Italia (concordare a priori la possibilità di un orario di lavoro leggermente differente da quello di base; avere la possibilità di entrare al lavoro con leggero ritardo a patto di recuperare in giornata uscendo un pari tempo dopo), bensì fa riferimento proprio all’agilità nel suo complesso insieme di condizioni: armonica flessibilità operativa specifica e globale. In pratica, nella gestione del proprio lavoro e del proprio calendario, il lavoratore non è vincolato a un orario e a un calendario ma, assunto un obiettivo da raggiungere (compito), in totale autonomia definisce giorno per giorno quando lavorare, in quale orario, con quale ritmo, nel solo limite dell’orario massimo (e massimo non vuol dire anche minimo) che deve corrispondere a quello stabilito contrattualmente. Qualora debba assentarsi non deve necessariamente chiedere permessi o altro.

Il lavoro agile dovrebbe essere il punto di riferimento, l’obiettivo principe per l’organizzazione aziendale, la struttura da perseguire e adottare nel maggior numero dei casi. Certo potrà comportare grosse difficoltà di applicazione, quantomeno in alcuni contesti, questo non vuol dire che sia giustificato rinunciarci: compito dei dirigenti non è quello di rendersi la vita facile scappando da tutto ciò che è per loro difficile, bensì di rendere efficiente il lavoro in azienda e il lavoro agile genera numerosissimi positivi effetti di ritorno: quando le persone sono responsabilizzate e trattate da persone è ben dimostrato che, essendo felici e serene, rendono assai di più e raramente desiderano cambiare azienda.

Le persone non scappano dalle aziende, ma dai dirigenti e, nello specifico, dai dirigenti incapaci!
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Metafora del capo


Gigi ha un limone, lo spreme delicatamente ottenendone le due gocce necessarie a dare la giusta acidità alla sua tazza di tè, così facendo con quel limone perfeziona qualche decina di tazze di tè.

Petronio, al contrario, spreme energicamente il suo limone e, così facendo, perfeziona pochissime tazze di tè rendendole, per giunta, tutte imbevibili.

Sconforto


Passato un mese dall’inizio di questa faccenda provocata dal SARS-CoV-2 si sta purtroppo evidenziando che quanto prospettavo in precedenza (leggi) si è perso nell’intrigata selva dei condizionamenti didattico-sociali e, così, ben difficilmente troverà seguito: invece di approfittare della situazione per impostare un cambio di paradigma didattico (leggi), invece di affidarsi alla sagge e preparate menti dei veri e più innovativi esperti nella formazione a distanza, scuole e insegnanti si sono, per quello che ho avuto modo di appurare in via diretta e indiretta (in sostanza non tutto ma molto), buttati a capofitto sugli, spesso inadeguati, strumenti che, al più, permettono la semplice simulazione delle lezioni in presenza.

Va beh, me ne farò una ragione, sperando riescano a farsela anche i discenti e la società, ovvero coloro che, per primi e più di tutti, dal cambio di paradigma ne trarrebbero notevoli e permanenti benefici!

Il mio primo video PEARL


Finalmente sono pronto, ho trovato e sperimentato gli strumenti, mi manca ancora qualcosa ma era ora di partire, di superare l’agonia del foglio, ehm, canale video vuoto.

Come primo video, ovviamente, quello di presentazione, a seguire arriveranno i micromoduli didattici.

Buona visione!

Guardiamo avanti


Una giornata come tante altre, Riccado sta lavorando tranquillamente quando… dleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeen suona la campana di allerta. Riccardo e i suoi collegi fermano il lavoro e si mettono in attesa. Passano un paio di minuti ed eccolo… taaaaaaaaaaaaaaaaaaaa la sirena proclama l’evacuazione. Con calma, in fila indiana, ognuno seguendo il percorso programmato tutti escono dall’edificio e si raccolgono nel piazzale antistante, i responsabili fanno la conta dei presenti e compilano l’apposito modulo: tutti presenti, nessun disperso e nessun ferito. Dopo una decina di minuti arriva il responsabile del servizio di sicurezza, raccoglie i moduli e segnala essersi trattato solo di un’esercitazione, come, del resto, già tutti avevano intuito. Meno ordinatamente di prima le persone rientrano nell’edificio e riprendono il lavoro che stavano facendo. Tutto finito.

Quanto sopra è un raccontino di quanto molti, se non proprio tutti, di noi stanno periodicamente sperimentando: l’esercitazione di evacuazione. In alcune aziende, oltre a questo vengono fatte anche delle esercitazioni di attacco informatico. Mai però, a quanto mi è dato modo di sapere, viene effettuata un’esercitazione di operatività in evento catastrofico: una settimana in cui l’azienda (o la scuola) resta chiusa e tutti, ma proprio tutti, devono lavorare da casa. Ora, di questo, ne stiamo pagando lo scotto: perchè esercitarsi su un’evacuazione e non prendere in considerazione quello che invero potrebbe accadere a seguito dell’evento che determina l’eventuale evacuazione, ovvero l’inaccessibilità dell’edificio?

Guardare avanti, un atteggiamento spesso disatteso, un’abitudine assai poco diffusa, se non nei più o meno patetici (perché alla fine spesso sono solo veicoli pubblicitari o sistemi per tentare di catturare seguito senza un reale seguito comportamentale) messaggi pubblicati sulle reti sociali.

Guardiamo avanti e….

Confidiamo che stavolta non succeda quello che è successo dopo i tanti eventi catastrofici di questi ultimi dieci, quindici anni: il silenzio totale, ricostruzione ma senza o con assai poca prevenzione.

A parte questo possiamo però essere (quasi) certi che tutto il lavoro oggi fatto in fretta e furia per dare operatività da remoto e il potenziamento delle strutture informatiche non si vorranno poi buttare via.

Possiamo pensare che, avendone sperimentato possibilità e benefici, molti vorranno continuare a lavorare da remoto e verrà loro data questa possibilità: ormai le strutture ci sono e sono operative perché non approfittarne.

Si, guardiamo avanti e immaginiamo che in futuro le esercitazioni di sicurezza non si limiteranno alle prime fasi dell’emergenza ma prendano in considerazione la fase più critica ed economicamente pesante: l’operatività in catastrofe.

Guardiamo avanti e confidiamo che nel futuro le innovazioni non vengano ostacolate da corte visoni temporali (ad esempio il “quanto mi costa ora” senza guardare al quanto mi farà risparmiare domani), da interessi economici (lobbies che perdono potere) o politici (mantenimento dello scranno, accordi con lobbisti e via dicendo), da poco comprensibili ostinatezze dei singoli individui (vedi, per fare un solo esempio, i messaggi che tentano in tutti i modi di screditare l’avanzata della motorizzazione elettrica).

Ecco, guardiamo avanti e osserviamo che tutta questa buriana forse poterà dei benefici, tutti questi morti forse verranno onorati dal miglioramento sociale che si potrebbe attivare.

Guardiamo avanti!