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Efficienza lavorativa (e personale)


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Ho conosciuto persone che “esiste solo il lavoro!” Leggo suggerimenti a pensare solo al lavoro. Esistono concorsi che abituano a lavorare senza sosta per più giorni e più notti. Tutto questo è invero deleterio ai fini dell’efficienza lavorativa, nonché della salute personale, che poi la seconda cosa si integra con la prima e la condiziona.

A tutti gli effetti lo sport, che sia professionistico o meno, è un lavoro: possiamo quindi utilizzarlo per fare un efficace parallelismo.

Persino gli atleti più forti, i fuoriclasse, si concedono periodici momenti di riposo. Lo scarico è aspetto importante nello sport e va diligentemente eseguito ogni settimana, per tutti i mesi dell’anno: in assenza di adeguato recupero le prestazioni inevitabilmente calano fino al crollo totale.

Lo stesso vale per il lavoro: per poter rendere al massimo e farlo. con costanza è indispensabile concedersi opportuni e adeguati momenti di distacco, farlo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.

Due importanti suggerimenti…

  1. prima e dopo un certo orario dimenticate telefono, e-mail, whatsapp eccetera;
  2. almeno un giorno alla settimana fate lo stesso e pensate totalmente ad altro.

Smart working


No, non è semplicemente il lavoro da remoto bensì il lavoro agile o, meglio, in agilità, il lavoro che rispetta le esigenze del singolo, di ogni singolo individuo, libero, all’interno di una tempistica di progetto, di definire giorno per giorno, momento per momento i propri orari. Non è facile implementarlo? E allora? Chi lo dice che si debbano fare solo le cose facili? Non è forse vero che sono le difficoltà a dare la maggiore soddisfazione!

Vantaggi e svantaggi del lavoro in agilità


Lavoro in agilità ovvero quello che i più, conformandosi alla moda degli inglesismi, chiamano Smart Working e alcuni italianizzano, poco correttamente, in lavoro agile. Un tema, questo, già presente da molti anni, da qualche parte già sperimentato e adottato, da altre ignorato o, spesso per partito preso o convenienza, ostaggiato. Quali sono i suoi vantaggi e quali, perchè sempre ci sono, gli svantaggi?

Senza pensare di poter essere esauriente al cento per cento (l’argomento è vastisimo e implica numerose variabili, comunque tutte riversabili nei punti contenitore sotto elencati), partiamo da questi ultimi.

Svantaggi del lavoro in agilità

  1. Dover cambiare paradigma lavorativo: non più l’improvvvisazione ma l’attenta e puntuale programmazione.
  2. Dover modificare la mentalità gestionale: non più il controllo paranoico del personale ma la definizione concordata di periodici obiettivi.
  3. Dover rivedere la strutturazione sociale: non più periodi e orari rigidi ma la flessibilità estesa a tutti i contesti e tutti i settori.
  4. Assenza di socializzazione, beh, invero questo è contestabile, di certo c’è una sua diminuzione ma suvvia che forse si va a lavorare per socializzare? Si socializza al lavoro, ma non si ha bisogno del lavoro per socializzare, ci sono tante altre occasioni per farlo. Per altro già con la tecnologia odierna si può socializzare anche da remoto, con quella a venire sarà ancora meglio, e poi nulla e nessuno vietano di organzzare momenti periodici d’incontro fisico.
  5. Riduzione del giro d’affari per bar e ristoranti nei luoghi di lavoro? Dovranno solo spostarsi verso le zone abitative e offrire, eventualmente, un servizio a domicilio.
  6. Altre più specifiche problematiche, più o meno tutte riconducibile alla situazione di cui sopra e risolvibili nello stesso modo: variazione del sistema e dei servizi.

Vantaggi del lavoro in agilità

  1. Ottimizzazione dei processi di lavoro.
  2. Miglioramento dei rapporti sociali interni all’azienda.
  3. Riduzione degli spostamenti da casa al lavoro e viceversa.
  4. Riduzione del traffico.
  5. Riduzione dell’inquinamento.
  6. Riduzione del deperimento delle sedi stradali.
  7. Riduzione dei tempi morti causati dalle lunghe soste nel traffico congestionato.
  8. Riduzione degli incidenti stradali.
  9. Riduzione dello stress.
  10. Grande adattabilità operativa.
  11. Facilità di risposta ai bisogni del cliente.
  12. Persone più concentrate quindi più produttive.
  13. Ritorno ad una vita sociale.
  14. Contenimento delle spese sia per le aziende che per le persone.
  15. Miglioramento del potere d’acquisto.
  16. Felicità sociale.
  17. Minor consume delle risorse energetiche (carburanti quindi petrolio oggi, elettrico nell’ormai prossimo futuro).
  18. Minor produzione di gas serra.
  19. Minor impatto sull’ozono.
  20. Diminuzione delle dimesioni degli edifici aziendali.
  21. Aumento del territorio disponibile per zone verdi.
  22. Elevata vivibilità degli spazi urbani.
  23. Tante altre piccole cose.

Insomma, a fronte di tre soli veri svantaggi, ci sono innumerevoli rilevanti vantaggi, in ragione dei quali si devono assolutamente abbandonare remore e ostilità: ogni argomento oppositivo è superabile, ogni problematica è risolvibile, basta volerlo!

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Lavoro da remoto… non un’opzione ma un dovere!


Stante la situazione attuale che vede la società assillata da mancanza di tempo, stress quotidiano, traffico assurdo, inquinamento irrefrenabile, emergenza climatica, disuguaglianza di genere e via dicendo, appare evidente che l’attivazione del lavoro da remoto, agile o meno agile che sia (ma è indubbio che l’agile, sebbene non sempre attuabile, sia molto meglio), è molto più che una semplice opportunità: è un dovere sociale, una improcrastinabile necessità, un obbligo morale.

Delegare


Una cosa che ormai da un certo tempo s’insegna ai dirigenti è quella di delegare e loro lo hanno imparato, purtroppo non tutti, oserei dire pochi facendo riferimento a quanto ho potuto direttamente o indirettamente osservare, hanno capito cosa e come delegare.

Il giusto delegare è quando…

  1. Non si delega per liberarsi dalle responsabilità, si delega per assumersi responsabilità.
  2. Non si delega quanto da fastidio a se, si delega ciò che può far piacere agli altri.
  3. Non si delega il lavoro che, per qualsivoglia motivo, non si riesce a fare, si delega il lavoro che può essere motivante per le altre persone.
  4. Non si delega arbitrariamente, si delega tenendo conto dell’altrui carico di lavoro.
  5. Non si delega per imposizione, si delega per libero e reciproco accordo.
  6. Il candidato alla delega deve potersi rifiutare.

Il delegare non è uno strumento di alleggerimento personale, bensì uno strumento di costruzione del gruppo di lavoro.

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Lavoro remoto, facciamo chiarezza


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In questi ultimi mesi molti sono stati gli articoli, le mail, i discorsi su questo tema che mi è capitato di leggere e… c’è molta confusione.

Certo l’argomento si presta a differenti interpretazioni e tutte si possono considerare sostanzialmente corrette, io stesso intendo i vari termini tutti un sinonimo tra di loro: alla fine se le cose andassero come dovrebbero andare in un mondo maturo e civile non servirebbero rigide regole o addirittura imposizioni legislative. Però, come taluni dicono nel tentativo di smorzare l’entusiasmo altrui, non siamo in un mondo perfetto ed ecco che dobbiamo necessariamente standardizzarci, scrivere leggi e alle stesse fare riferimento.

Ecco un breve glossario sui termini che riguardano il telelavoro.

Lavoro remoto

Con questo termine si fa generico riferimento al lavoro effettuato in luogo diverso e più o meno lontano dalla propria postazione (fissa) collocata in azienda o ufficio. Al suo interno raggruppa le varie modalità operative, alla fine riconducibili a due famiglie: il telelavoro e lo smart working.

Telelavoro

Lo spostamento a distanza, comunque non necessariamente a casa, del lavoro così come usualmente eseguito e programmato in azienda o in ufficio. Il lavoratore è assoggettato agli usuali orari aziendali e al calendario predeterminato, qualora debba assentarsi deve necessariamente richiedere uno specifico permesso.

Smart Working

Non vuol dire lavoro intelligente, come ho in alcune occasioni letto, bensì lavoro agile e…

Lavoro agile

Legge 22 maggio 2017 n. 81 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.” art. 18)

La parola agile (che invero sarebbe stato meglio utilizzare agevole) non è un semplice sinonimo di flessibilità, soprattutto di quella limitatissima adottata in Italia (concordare a priori la possibilità di un orario di lavoro leggermente differente da quello di base; avere la possibilità di entrare al lavoro con leggero ritardo a patto di recuperare in giornata uscendo un pari tempo dopo), bensì fa riferimento proprio all’agilità nel suo complesso insieme di condizioni: armonica flessibilità operativa specifica e globale. In pratica, nella gestione del proprio lavoro e del proprio calendario, il lavoratore non è vincolato a un orario e a un calendario ma, assunto un obiettivo da raggiungere (compito), in totale autonomia definisce giorno per giorno quando lavorare, in quale orario, con quale ritmo, nel solo limite dell’orario massimo (e massimo non vuol dire anche minimo) che deve corrispondere a quello stabilito contrattualmente. Qualora debba assentarsi non deve necessariamente chiedere permessi o altro.

Il lavoro agile dovrebbe essere il punto di riferimento, l’obiettivo principe per l’organizzazione aziendale, la struttura da perseguire e adottare nel maggior numero dei casi. Certo potrà comportare grosse difficoltà di applicazione, quantomeno in alcuni contesti, questo non vuol dire che sia giustificato rinunciarci: compito dei dirigenti non è quello di rendersi la vita facile scappando da tutto ciò che è per loro difficile, bensì di rendere efficiente il lavoro in azienda e il lavoro agile genera numerosissimi positivi effetti di ritorno: quando le persone sono responsabilizzate e trattate da persone è ben dimostrato che, essendo felici e serene, rendono assai di più e raramente desiderano cambiare azienda.

Le persone non scappano dalle aziende, ma dai dirigenti e, nello specifico, dai dirigenti incapaci!
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Metafora del capo


Gigi ha un limone, lo spreme delicatamente ottenendone le due gocce necessarie a dare la giusta acidità alla sua tazza di tè, così facendo con quel limone perfeziona qualche decina di tazze di tè.

Petronio, al contrario, spreme energicamente il suo limone e, così facendo, perfeziona pochissime tazze di tè rendendole, per giunta, tutte imbevibili.

Guardiamo avanti


Una giornata come tante altre, Riccado sta lavorando tranquillamente quando… dleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeen suona la campana di allerta. Riccardo e i suoi collegi fermano il lavoro e si mettono in attesa. Passano un paio di minuti ed eccolo… taaaaaaaaaaaaaaaaaaaa la sirena proclama l’evacuazione. Con calma, in fila indiana, ognuno seguendo il percorso programmato tutti escono dall’edificio e si raccolgono nel piazzale antistante, i responsabili fanno la conta dei presenti e compilano l’apposito modulo: tutti presenti, nessun disperso e nessun ferito. Dopo una decina di minuti arriva il responsabile del servizio di sicurezza, raccoglie i moduli e segnala essersi trattato solo di un’esercitazione, come, del resto, già tutti avevano intuito. Meno ordinatamente di prima le persone rientrano nell’edificio e riprendono il lavoro che stavano facendo. Tutto finito.

Quanto sopra è un raccontino di quanto molti, se non proprio tutti, di noi stanno periodicamente sperimentando: l’esercitazione di evacuazione. In alcune aziende, oltre a questo vengono fatte anche delle esercitazioni di attacco informatico. Mai però, a quanto mi è dato modo di sapere, viene effettuata un’esercitazione di operatività in evento catastrofico: una settimana in cui l’azienda (o la scuola) resta chiusa e tutti, ma proprio tutti, devono lavorare da casa. Ora, di questo, ne stiamo pagando lo scotto: perchè esercitarsi su un’evacuazione e non prendere in considerazione quello che invero potrebbe accadere a seguito dell’evento che determina l’eventuale evacuazione, ovvero l’inaccessibilità dell’edificio?

Guardare avanti, un atteggiamento spesso disatteso, un’abitudine assai poco diffusa, se non nei più o meno patetici (perché alla fine spesso sono solo veicoli pubblicitari o sistemi per tentare di catturare seguito senza un reale seguito comportamentale) messaggi pubblicati sulle reti sociali.

Guardiamo avanti e….

Confidiamo che stavolta non succeda quello che è successo dopo i tanti eventi catastrofici di questi ultimi dieci, quindici anni: il silenzio totale, ricostruzione ma senza o con assai poca prevenzione.

A parte questo possiamo però essere (quasi) certi che tutto il lavoro oggi fatto in fretta e furia per dare operatività da remoto e il potenziamento delle strutture informatiche non si vorranno poi buttare via.

Possiamo pensare che, avendone sperimentato possibilità e benefici, molti vorranno continuare a lavorare da remoto e verrà loro data questa possibilità: ormai le strutture ci sono e sono operative perché non approfittarne.

Si, guardiamo avanti e immaginiamo che in futuro le esercitazioni di sicurezza non si limiteranno alle prime fasi dell’emergenza ma prendano in considerazione la fase più critica ed economicamente pesante: l’operatività in catastrofe.

Guardiamo avanti e confidiamo che nel futuro le innovazioni non vengano ostacolate da corte visoni temporali (ad esempio il “quanto mi costa ora” senza guardare al quanto mi farà risparmiare domani), da interessi economici (lobbies che perdono potere) o politici (mantenimento dello scranno, accordi con lobbisti e via dicendo), da poco comprensibili ostinatezze dei singoli individui (vedi, per fare un solo esempio, i messaggi che tentano in tutti i modi di screditare l’avanzata della motorizzazione elettrica).

Ecco, guardiamo avanti e osserviamo che tutta questa buriana forse poterà dei benefici, tutti questi morti forse verranno onorati dal miglioramento sociale che si potrebbe attivare.

Guardiamo avanti!

Superare la sfiducia verso il lavoro da remoto


Nell’articolo di ieri “Coronavirus, spero s’impari qualcosa” ho citato, tra le motivazioni che da anni stanno tenendo bloccata la diffusione del lavoro da remoto, la sfiducia, una sfiducia che si manifesta soprattutto verso la possibilità di controllare che il personale faccia effettivamente le ore previste.

Sinceramente, se è proprio questo il livello di considerazione che titolari e dirigenti hanno verso il proprio personale c’è da restarne umanamente alquanto delusi. Ma sorvoliamo questa questione e passiamo al lato pratico, alla soluzione, perchè una soluzione esiste ed è una metodica da molti anni già utilizzata altrove, ad esempio in moltissime, per non dire tutte, le aziende statunitensi: lavorare a progetto anziché a tempo!

Cosa vuol dire lavorare a progetto?

Semplice: invece di lavorare dalle alle e durante questo periodo fare la maggior mole possibile di lavoro (e più ne fai, più te ne viene dato), ogni specifico lavoro viene inglobato in un progetto, si definisce (ovviamente con sincerità) quanto tempo ci vuole per portarlo a termine, lo si assegna alle persone e chi viene incaricato di svolgerlo deve consegnarlo entro quel termine, nulla interessa la gestione temporale con cui quel lavoro verrà materialmente svolto.

Certo tale metodologia richiede un preliminare lavoro di programmazione, una rimessa in campo delle funzioni di tempi e metodi parzialmente sommerse dalla frenesia degli ultimi due decenni, certo necessita di quell’organizzazione mentale e fisica che, almeno per quello che ho avuto modo di vedere e sentire, è stata abbandonata a favore dell’improvvisazione, e spesso non per vere esigenze ma per motivi di comodo: la classica situazione che ho vissuto più volte del lavoro tenuto per mesi a decantare nel cassetto e poi, quando diventato impellente, salta fuori per essere commissionato al verbo del “va fatto per ieri, anzi l’altro ieri”.

Si certo, lavorare per progetto richiede tutto questo, ma in compenso risolve tanti problemi e, una volta che ci avrete fatto l’abitudine, vi chiederete “ma perché non ci ho pensato prima?”

Evidente a questo punto che il controllo sulla presenza del personale diviene assolutamente un “non problema”, si possono eliminare tutti i costosi e più o meno complessi sistemi di timbratura e relativa rielaborazione dell’ufficio paghe e….

si può facilmente spostare il lavoro dall’ufficio al domicilio.

Forza, avanti, volere è potere e mai come in questo caso il volere è molto semplice, poco costoso, anzi addirittura risparmioso. Può apparire una difficile scalata ma va affrontata nel bene di tutti, il proprio e quello degli altri, il bene aziendale e quello sociale: la montagna è alta, la parete è verticale ma già disponiamo di tutte le abilità e di tutti i mezzi necessari a raggiungerne la vetta!

P.S.

Tutto il discorso è perfettamente applicabile anche al contesto scolastico, quantomeno a quello delle scuole superiori e delle università.

Nudisti in azienda? Un valore aggiunto


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Attraverso un forum di settore (iNudisti), la sua e-zine, le reti sociali, il mio blog dedicato (Mondo Nudo), i raduni e le escursioni di VivAlpe, tra passato e presente sono stato e sono in contatto con decine di migliaia di nudisti italiani e invero non ho notizia di licenziamenti fatti per il solo motivo “praticava il nudismo”, però ne ho sul fatto che diversi nudisti hanno ricevuto pressioni particolari, sollecitazioni a stare attenti, inviti a non farlo più, minacce più o meno velate di allontanamento se fossero nati dei problemi con il personale, con collaboratori, fornitori, clienti o utenti: “non possiamo permetterci una cattiva pubblicità” è la logica di fondo comune a tutti i casi.

Dietro a tali reazioni a volte c’è la comprensibile (“ca..o, sono anni che ci conosciamo e non mi hai detto niente, di cosa avevi paura?”) sorpresa per una notizia trapelata per via traverse. Altre volte la cosa è risaputa e accettata in azienda e si tratta di una, a questo punto molto meno comprensibile, reazione alla segnalazione di un cliente o utente che riferisce d’aver saputo che in quella azienda c’è un nudista. Oppure il tutto avviene, ancor meno comprensibilmente, in fase di selezione del personale quando uno, onestamente e correttamente, evidenzia il proprio essere nudista, magari scrivendolo addirittura nel proprio curriculum.

In un caso come nell’altro si tratta di reazioni decisamente inopportune, ingiuste e illogiche: un nudista in azienda andrebbe visto come un valore aggiunto…

  • Abituato a vedere persone nude e per effetto di una logica di vita che porta alla considerazione della persona in quanto tale e alla svalutazione del concetto di persona come oggetto, il nudista avrà con i colleghi un rapporto incentrato sulla correttezza e sul rispetto, nel contempo risulterà meno incline a farsi trascinare dalla vicinanza di qualcuno che lo attira sessualmente; ne deriva che il lavoro del nudista risulterà sempre e comunque della massima produttività.
  • Per le stesse motivazioni di cui sopra, il nudista indurrà nelle persone che lo circondano minori preoccupazioni comportamentali favorendo, così, la creazione di un sereno ambiente di lavoro, di riflesso anche le persone che in quell’ambiente lavorano saranno più serene e le persone serene lavorano meglio e rendono di più.
  • Il nudista potrà risultare di valido aiuto a chi, intorno a lui, abbia problematiche di accettazione del proprio corpo, arrivando ad essere perfino un esempio risolutore.
  • Nel caso di attività lavorative che prevedono il coinvolgimento di bambini, ragazzi, adolescenti, il nudista sarà sempre in grado di parlare con loro delle problematiche del corpo e delle questioni sessuali, e potrà farlo in modo corretto, incondizionato, preciso, pertanto efficiente ed esaustivo; inoltre risulterà, per certi aspetti, molto meno manipolabile.

Alcuni manager hanno già compreso questa verità consentendo la nudità in azienda (anche in ambiti in cui si opera a contatto con fornitori e clienti), eliminando, così, alla sorgente le problematiche di convivenza: tutti nudi e più nessuno bada all’aspetto fisico degli altri; tutti nudi e non esiste più motivo alla sbirciatina maliziosa, alle distrazioni sessuali, ai pensieri maniacali; tutti nudi e svaniscono anche le paure in merito al proprio aspetto fisico, ci si sente meglio con se stessi e, quindi meglio, con gli altri creando un ambiente più rilassato e affabile, meno stress e alla fine maggior rendimento.

C’è da ragionarci sopra con attenzione, non dico di arrivare ad obbligare il nudismo in tutte le aziende, anzi, l’obbligo non sarebbe certamente produttivo e giusto; non mi aspetto, pur sperandolo, nemmeno che tutte le aziende si aprano alla pratica nudista acconsentendo la nudità durante il lavoro, ma magari alcune si (io sono gratuitamente a disposizione per consigli ed esperimenti, può essere utile iniziare partecipando a VivAlpe); di certo, però, mi auguro che, all’occorrenza, si prendano le difese del collaboratore o del collega nudista, anziché osteggiarlo e/o vessarlo inopinatamente.

N.B.
La nudità sul lavoro non è solo teoria, non sono solo delle belle ipotesi e speranze, è realtà, realtà praticabile, realtà già praticata. Ecco un paio di esempi di aziende che hanno sperimentato la nudità in ufficio.

Onebestway – Lo psicologo aziendale David Taylor mette a nudo il personale e dopo un breve iniziale imbarazzo, il morale migliora, il dialogo si fa più sincero, la produttività cresce e l’azienda migliora.

Design PLX – Sperimentano per un mese e … vogliono continuare. (L’articolo originale su “The Bold Italic’s” è stato rimosso).

Nude House dove i vestiti sono assolutamente proibiti (purtroppo il sito che documentava la cosa è stato chiuso).

Definitive dove, nel 2009, l’esperienza è stata motivata da una serie TV “The Naked Office” di Virgin1

Non esiste l’impossibile, esistono solo cose che non si vogliono fare!

Time Management


Il piccolo stambecco s’inerpica sicuro sull’erta parete rocciosa, attorno a lui il branco degli stambecchi adulti che l’osservano con noncuranza pensando più al proprio pascolo che alla sicurezza del piccolo, d’altra parte l’arrampicamento è per lo stambecchino capacità innata: tutto in lui è strutturato per permettergli di restare aggrappato alla roccia senza timore alcuno.

Seduto sul masso granitico posto al centro d’una verde piana montana, circondato dai rossi fiori di rododendro, osservo la scena e mi trovo a pensare ai problemi quotidiani che sconvolgono la nostra vita di esseri ormai lontani dalla natura, dal ritmo della natura, quel ritmo che, al contrario, scandisce il tempo di tutti gli altri esseri viventi. Ce ne siamo allontanati e ci siamo resi schiavi di un artificioso ritmo, un ritmo assurdamente sempre più frenetico che ci lascia sempre meno tempo per pensare, per dedicarci a noi stessi, persino per organizzare le nostre giornate e le nostre attività

Che bello essere qua, solo in mezzo al monte, a guardare la natura e viverla nel suo rispetto e al suo ritmo, che peccato dover riprendere il cammino della valle tornare alla frenesia, alla disturbante necessità di trovare gli spazi ove infilare tutto quello che devo fare. Qualcosa, però, in me allevia questo torturante pensiero.

Ho sempre avuto una predisposizione all’organizzazione e così raramente mi sono trovato in difficoltà nel gestire i mie impegni, raramente, però, non vuol dire mai e infatti In certe occasioni ho dovuto far ricorso a tutte le mie energie per supportare il carico, rischiando comunque di dimenticare qualcosa. Un bel giorno, cercando soluzione ad altra questione, sono casualmente incappato in un corso particolare, subito ha colpito la mia attenzione, mi ci sono iscritto e ho così appreso l’utilizzo d’uno strumento semplice e allo stesso tempo potente, uno strumento che, fra le sue infinite applicazioni, contempla anche quella della gestione del tempo.

Dapprima, onde affinarne la conoscenza, ho utilizzato tale strumento solo a livello personale individuandone pregi e difetti, quindi ho cercato le soluzioni alle sue criticità trovando strumenti integrativi (invero strumenti alternativi messi in sinergia con il primo da me stesso), infine ne ho fatto una base fondamentale della mia organizzazione. A quel punto, vista la mia professione é stato naturale decidere di aiutare gli altri a risolvere i loro problemi di gestione del tempo insegnando loro questa metodologia.

Anche tu ogni tanto o più frequentemente o addirittura spesso ti trovi a rincorrere senza respiro le cose da fare? Anche tu ogni tanto, spesso o frequentemente sei costretto a dire “non ho tempo” o “sono troppo impegnato”? Anche tu vuoi trovare un modo per poter rientrare a valle con ilk cuore leggero dopo una magnifica giornata di relax e tranquillità? Ecco alcuni fondamentali consigli.

Il tempo

il tempo non lo si può gestire, scorre indipendentemente da noi. quello che possiamo e dobbiamo fare è gestire le nostre attività.

La conoscenza

Per poter incastrare le nostre attività nei giusti tempi dobbiamo conoscerle tutte.

L’inganno

Per conoscerle tutte non possiamo affidarci alla memoria, essa viene ingannata dai nostri interessi e dalle nostre preoccupazioni.

Lo strumento

L’unico strumento efficace ed efficiente è… la mappa a getto.

Ancora l’inganno

Definite le attività queste vanno suddivise in gruppi di priorità e… sembra facile, ma anche qui l’inganno ci attende al varco, ci fa ritenere prioritarie cose invero irrilevanti e inutili cose invero importanti, ci fa perdere tempo, ci mantiene bloccati. Come superarlo?

Le domande

Come superare l’inganno della mente nella definizione delle priorità? Semplice: facendosi alcune specifiche domande.

Quali domande?

Informati sul mio corso di gestione del tempo, comprenderai anche gli aspetti successivi relativi al rispetto della programmazione attuata e alla gestione degli imprevisti, due questioni per nulla scontate, a loro volta ricche di trappole che potrebbero vanificare tutto il lavoro fatto.

La linea


Figura semplice e nel contempo multiforme, la linea di per sé stessa assume un significato sostanzialmente neutro, tutto però cambia anche notevolmente quando la linea si combina con altre linee ed allora nascono il movimento, la crescita, la strada, la direzione, la velocità, il flusso. Se poi la linea viene, più o meno leggermente, curvata si ottengono anche il coinvolgimento, l’integrazione, l’inclusione, l’empatia. L’abbinamento con le altre forme, infine, può rinforzare il proprio subliminale ed anche quello di queste ultime.

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Movimento, crescita, strada, direzione, velocità, flusso, coinvolgimento, integrazione, inclusione, empatia sono caratteristiche sulle quali ho costruito PEARL e dentro le quali la navicella di PEARL navigherà per donare il massimo a tutti coloro che vorranno salire a bordo, che lo facciano da membri dell’equipaggio come da passeggeri.

Movimento, crescita, strada, direzione, velocità, flusso, coinvolgimento, integrazione, inclusione, empatia sono caratteristiche dalle e per le quali abbiamo ideato EdI, la nostra specialissima proposta didattica che presto arriverà su questi schermi e si paleserà in tutta la sua giovanile esuberanza.

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Il cerchio


cerchioIdentificazione indissolubile del movimento continuo, il cerchio è, come il quadrato, figura simmetrica e regolare, alias simbolo di equilibrio e armonia. Differenze poi sorgono a seconda della dimensione e del riempimento, in particolare distinguiamo dal classico cerchio il punto, piccolo cerchio riempito di colore, questo, a seconda della sua posizione rispetto al resto del disegno o marchio, identifica la partenza o l’arrivo, in ogni caso insieme al resto tramette il messaggio di evoluzione, di cambiamento, di innovazione, tre qualità che sono la base progettuale di PEARL e ne saranno la base strutturale della sua successiva continua progressione.

PEARL, nell’ormai ricchissimo mercato della formazione, si differenzierà per, come già precedentemente detto, la ricerca non solo dell’efficacia ma anche e soprattutto dell’efficienza di ogni sua azione e operazione, aggiungiamoci ora la formulazione di proposte diverse da quelle classiche e la sua didattica moderna e innovativa.

Troppo spesso le nuove tecnologie vengono utilizzate solo per l’erogazione dimenticandosi totalmente delle loro altre potenzialità, scegliere di formarsi attraverso PEARL vorrà dire potersi formare nel preciso istante in cui se ne avverte l’esigenza, significherà la possibilità di scegliere tra diverse modalità di erogazione della formazione da quelle più classiche a quelle più moderne, permetterà di studiare nei tempi e nei momenti più consoni a sé stessi.

Presto pubblicheremo l’elenco dei corsi fruibili, tenete comunque presente che, a fianco delle classiche modalità che prevedono un’aula, un numero minimo di partecipanti, una data d’inizio e una di fine, più o meno lunghi periodi di partecipazione, orari e giorni prefissati, molte delle nostre proposte scavalcheranno tutto questo e saranno caratterizzate da:

  • Brevissime durate
  • Erogazione a domicilio o a distanza
  • Avvio immediato
  • Disponibilità ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni la settimana e tutti i gironi dell’anno
  • Materiali coerenti e verificati anche sotto l’aspetto sintattico, oltre che logico e strutturale
  • Utilizzo delle tecnologie a tutto tondo e al massimo delle loro potenzialità.

PEARL, la galassia della formazione tecnica continua.

PEARL, raccogli le perle del sapere.

Efficacia ed efficienza


sogniC’era una volta un sistema forse poco strutturato eppure molto funzionale, basato sulla praticità delle azioni, fondato sulla semplicità delle cose: per stipulare un contratto bastava spesso una stretta di mano, per sviluppare una pratica bastava un solo unico documento, per, per, per.

C’era una volta, ora non c’è più, ora, sebbene si parli continuamente di semplificazione, la burocrazia è dominante: per chiedere un rimborso benzina devi compilare quattro modulo sostanzialmente identici e allegarci altri documenti con informazioni che chi di dovere ha invero già disponibili; per vendere o acquistare un bene devi compilare e firmare una marea di carte; per; per; per.

Tutto sto macello odierno viene ovviamente spacciato per un buon sistema, per il migliore sistema mai esistito, per un sistema necessario al fine di garantire i processi e le persone ed il bello è che molti ci credono.

C’era una volta un concetto che era tenuto in grande considerazione, se ne sentiva parlare in continuazione, veniva esposto in ogni dove, minuziosamente insegnato, appreso con attenzione e applicato con precisione.

C’era una volta, ora non c’è più o, per meglio dire, seppur ancora insegnato se ne sente parlare assai poco, è stato esiliato in reconditi angoli della memoria, soggiogato ai voleri d’una società più attente all’apparire che all’essere, aggiogato alle mire dei giochi di potere.

Si legge e si sente parlare sempre e solo del suo fratello minore, tutti ne parlano, tutti lo cercano, tutti lo propongono, tutti dimentichi che da solo è monco, da solo a poco o nulla serve.

Questo idolo moderno definisce solo il raggiungimento di uno specifico singolo obiettivo senza tenere conto della ripetibilità del risultato, senza prendere in considerazione il consumo di risorse che è stato necessario mettere in campo.

Falso idolo l’efficacia ci racconta del singolo obiettivo perseguito nascondendo la fatica fatta per raggiungerlo. Al contrario il suo fratello maggiore, l’efficienza, ci racconta del singolo obiettivo ed anche di tutte le sue possibili ripetibilità, ci dà l’idea del perseguito e, nel contempo, ci parla del risultato ottenuto e del percorso fatto, ci mostra sia il successo che il consumo di risorse.

Un’azione efficace non è necessariamente efficiente, al contrario un’azione efficiente è sicuramente efficace e noi di Pearl Galaxy è all’efficienza che puntiamo, è l’efficienza che voliamo insegnare, è per l’efficienza che abbiamo ideato una nuova stimolante proposta formativa.

Seguici e scoprirai man mano di cosa parliamo e cosa potrai ottenere grazie ai nostri servizi.

Organizzare la struttura decisionale


0835Spesso è tutt’altro che facile prendere decisioni, specie quando si parla di strutture complesse come aziende, cooperative, scuole, istituzioni politiche e amministrative pubbliche. Se poi la struttura decisionale risulta organizzata male o addirittura lasciata all’improvvisazione del momento ecco che il prendere una decisione può diventare un’impresa decisamente faticosa e costosa.

Diverse le scuole di pensiero che si sono succeduti nel tempi, diverse le scuole di pensiero che in ogni momento contemporaneamente si propongono, diverse quelle che sussistono attualmente e in queste le differenze interessano aspetti secondari e/o minoritari, le basi comuni più o meno sono le stesse.

Errato accentrare tutto il potere decisionale in un’unica persona (ad esempio il titolare) o in un unico organismo (consiglio di amministrazione e simile): rende la decisione certo meno contrastata nel primo caso e meno pesante ai singoli nel secondo, ma nel contempo la stessa risulta molto, troppo lenta.

Delegare è la parola chiave e delegare non vuol dire solo incaricare qualcuno di farsi carico degli aspetti progettuali di una scelta, ma anche dell’attuazione stessa della scelta. Il delegato, insomma, deve avere non solo l’onere e la responsabilità della raccolta documentale necessaria all’attuazione di una scelta, ma anche il potere di decidere e di farlo in autonomia, senza dover prima sentire colui o coloro che l’hanno delegato.

Lo strumento della delega completa permette di ottenere una struttura decisionale molto veloce, di conseguenza permette di essere sempre al passo con gli eventi, di non subirli, anzi a volte di anticiparli pure. Certo richiede la definizione delle condizioni entro cui ogni delegato può e deve muoversi (ad esempio l’assegnazione ad ogni delegato di un adeguato budget economico annuale e della eventuale percentuale di sforamento, oppure la definizione specifica delle risorse umane di cui può disporre), certo occorre costruire un sistema comunicativo preciso e veloce che permetta ai deleganti di conoscere in tempo pressoché reale le decisioni prese dal delegato, certo servono fiducia (da parte dei deleganti) e professionalità (del delegato), gli effetti apportati da una struttura decisionale basata sulla delega completa vengono però a compensare benissimo e in breve termine tali esigenze.

Chi ha paura di delegare in modo corretto, cioè completo, evidentemente o deve lavorare da solo o deve operare in ruoli non apicali.